lunedì 5 novembre 2018

Il tramonto del Sea Breeze

Ho letto Il tramonto del Sea Breeze di Vitt Moretta (Coconino Press) e sono rimasto felicemente colpito dalla freschezza e dalla linearità di questo libro. 
Non conoscevo nulla di questa giovane autrice, qui all'esordio con un fumetto completo, dopo aver diffuso per qualche tempo disegni quasi esclusivamente sui social, illustrazioni con uno stile essenziale ed intenso che non sono passate inosservate attirando l'attenzione dei più curiosi addetti ai lavori facendogli esclamare: qui c'è della stoffa!
Talento narrativo e grafico insieme che si conferma con l'incoraggiante esordio de Il tramonto del Sea Breeze.
La trama è molto semplice - di quella semplicità facile a dirsi ma difficile a farsi - poiché tutto ruota attorno a una "festa" che si tiene in un locale - il Sea Breeze del titolo, appunto - situato tra la spiaggia e un bosco dove capitano tre amici, tre giovani ragazzi, e una moltitudine di altri personaggi sopra le righe, sbandati, sciroccati, irresponsabili, in poche parole facce e corpi veri che si incontrano dando vita a situazioni imprevedibili che si intrecceranno tra di loro deflagrando in una conclusione che non prevederà un finale scontato bensì la perfetta dose di crudeltà verso ogni personaggio che, come nella tradizione della migliore commedia all'italiana, sarà spinto a evolversi o andare incontro all'estinzione.
Vitt è brava a reggere i fili della trama senza perdersi in inutili seghe mentali sul senso della vita ma limitandosi a mettere semplicemente in scena la vita vera con risultati... esplosivi, sarebbe il caso di dire, e lo fa con un segno semplice eppure molto espressivo, privo di fronzoli, oserei dire primitivo. Se Vitt riuscirà a non stravolgere questa spontaneità nel tratto e nel racconto - questa leggerezza - è destinata a tenerci compagnia ancora per molto con altre emozionanti storie.
Se oggi fosse costretti a scegliere di dover leggere un solo fumetto, non abbiate dubbi e puntate gli occhi dritto su Il tramonto del Sea Breeze di Vitt Moretta (Coconino Press).

lunedì 22 ottobre 2018

L'attrazione di Lucas Harari

L'attrazione di Lucas Harari in un primo momento affascina sopratutto a livello visivo. 
La suggestione delle immagini, una versione della ligne-claire franco-belga tradizionale tradotta con un segno sinistro e oscuro, unita alla singolarità delle inquadrature che compongono le tavole di questo fumetto innescano una forma di seduzione che non lascia via di scampo al lettore. 
Sulla spinta di questo effetto "gravitazionale" procediamo nella lettura finendo invischiati nella trama tessuta da una scrittura essenziale eppure gravida di zone d'ombra e spazi nascosti.  Sconfinamenti verso qualcosa che travalica il reale per farsi leggenda, magia, apparato sovrannaturale.
La nuova direzione editoriale delle collane Coconino dettata da Ratigher, d'altronde, sembra proprio spingere lo sguardo un po' più in là del "mero documento" per oltrepassare la linea di demarcazione tra l'immaginario e la cosiddetta realtà. 
Le maglie si allargano. I confini del reale diventano labili. Attraverso gli strappi si intravede l'ignoto. Si attinge alla fantasia, all'immaginazione. All'irrazionale. D'altronde è proprio quello che succedeva ne La fortezza pterodattilo, l'antologia di fumetti brevi dello stesso Ratigher uscita per Coconino Press.
Personalmente, apprezzo molto questa direzione nuova impostata da Ratigher e L'attrazione di Lucas Harari ne è esemplificazione emblematica.
La trama è semplice: Pierre, studente parigino di architettura, sta preparando la tesi di laurea studiando le Terme di Vals, famoso edificio progettato dall’architetto elvetico Peter Zumthor.
Quale mistero nasconde la gelida configurazione degli ambienti dove roccia, acqua e luce si integrano alla perfezione? Qual è il significato delle leggende raccontate sottovoce dalla gente del villaggio di montagna? Forze oscure, energie occulte e presenze innominabili animano un racconto ai confini della realtà. Provate a leggerlo, ma non dite che non vi avevo avvisati.

giovedì 18 ottobre 2018

Il fulmine


Non riveleremo nulla di trascendentale mettendo in evidenza che l'esperienza del blog, in termini collettivi e individuali, sia precipitata oltre quella che si poteva definire fase calante o declino. Il blog è qualcosa di superato. Obsoleto.
Ricordiamo ancora le sensazioni vissute quando il mondo dei blogger era un fermento di idee in confronto e di visioni in contrasto, talvolta anche aspro. Potevamo seguire in tempo reale, quasi in tempo reale, i tormenti e le speranze dei nostri autori preferiti. Un'epoca assai lontana, bisogna ammettere. Oggi guardiamo i blog come fossero malati terminali. Speriamo in cuor nostro che non muoiano ma in fondo sappiamo bene che per loro non ci sarà scampo. Che sono già deceduti. Morti che camminano. 
Non sappiamo dire perché le cose sono andate così, non è questa la sede e forse nemmeno ci importa saperlo davvero.
Prima di scrivere queste righe avevo pensato di rinnovare l'aspetto di Nerdelite. Cambiare layout, cambiare colori. Avrebbe significato cancellare le rughe. Nascondere le ferite. Imbellettarsi? 
Una vecchia signora che vuole a tutti i costi sembrare giovane. Tornare giovane. 
Ho desistito subito.
Preferisco lasciare Nerdelite come è stato. Facendone l'uso che ho sempre fatto. Oggi, in direzione ostinata e contraria al delirio imperante, lo spettacolo dei social network a cui perfino i blog, per certi versi, hanno contribuito a mettere in scena.
Non aggiorno Nerdelite da circa otto mesi. Un tempo avrebbe significato non aver fatto nulla e invece... Sono accadute delle cose. Ho letto molti racconti e romanzi, altrettanti fumetti. Ho visto decine di film. Ascoltato musica. Tutte cose che un tempo avrebbero avuto un puntuale resoconto qui, tracciando un segno indelebile, o quasi, nel blog. E sopratutto ho scritto. Un altro romanzo. Qualche racconto. Nell'ultimo anno sono stato impegnato nella proposta dei miei dattiloscritti inediti a riviste, agenzie. Case editrici.
E adesso sono in attesa di scorgere un segno tra le nubi che si sono raccolte. Percepire lo scricchiolio del fulmine. Ascoltare il fragore del tuono poichè: <<Zeus fu il primo, Zeus dal fulmine abbagliante sarà l’ultimo...>>

venerdì 23 febbraio 2018

Colville di Steven Gilbert

Ho letto Colville di Steven Gilbert, un graphic novel statunitense indipendente edito in Italia da Coconino Press - Fandango Libri.
Storia malata al limite della follia. Romanzo nero. Terribile e senza via di scampo. Costruita all'interno di un contesto limitato, circoscritto e ben definito. Un circolo vizioso. Un circuito chiuso e buio di male indifferente. La sceneggiatura compone una struttura narrativa perfetta. Senza apparente via di salvezza.
Leggendo si seguono le vicissitudini dei personaggi finendo per restare impigliati dentro un meccanismo inesorabile che imprigiona il lettore nella narrazione. I fatti vengono mostrati attraverso il disegno, un segno spettrale e preciso, oscuro e onirico, che illustra i luoghi e le azioni dei personaggi con distacco e freddezza, concedento al lettore un certo voyeurismo.
Opera eticamente ambigua, Colville rappresenta un modello di racconto nero inedito per il panorama narrativo italiano a fumetti. Qui non esiste nulla di paragonabile. Nonostante la cronaca nera ci restituisca quasi ogni giorno storie criminali efferate e sanguinarie messe in atto da individui banali, per motivi futili e che nonostante un agire maldestro la fanno franca, i nostri autori sembrano restare ancora indifferenti al genere nero e allo scenario provinciale e amorale raccontato alla maniera di Gilbert.
Folgorante. Glaciale. Sadico. Malato. Colville mi ricorda per certi aspetti due precedenti letterari illustri che all'epoca rimestando nel torbido della cronaca nera fecero scalpore, ovvero Compulsion di Mayer Levin e In cold blood di Truman Capote. Da leggere.

domenica 4 febbraio 2018

Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria

Un caro saluto a tutti i miei lettori abituali, occasionali e promiscui che si ritroveranno a leggere queste pagine, spero, dopo la mia lunga assenza dovuta a un mucchio di seccature che non sto qui a elencare... ma infine dopo il buio riecco la luce!

Riprendo ad aggiornare Nerdelite segnalandovi l'ultimo romanzo che ho letto: Le venti giornate di Torino di Giorgio De Maria (Frassinelli).
E voi l'avete già letto? No? Sappiate che vi state perdendo uno dei romanzi più ispirati della narrativa italiana del '900. Un testo che entra in risonanza con i recessi più oscuri della grande narrativa fantastica, da Poe e Lovecraft fino a Landolfi, Buzzati - e... perché no? Stephen King e Thomas Ligotti - per comporre uno scenario lugubre e angosciante in cui il senso di un'esistenza si fa universale e il male assoluto.
La storia si svolge in una Torino spettrale e occulta, la medesima che si può avere occasione di percepire se si possiede una certa sensibilità o inventiva. Non so se a qualcuno di voi sia mai capitato di passeggiare dopo una certa ora per le strade del centro storico del capoluogo piemontese, ma in quelle occasioni ho percepito in modo inequivocabile la sensazione di sentirmi osservato da quella geometria irregolare avendo al tempo stesso il sospetto che dietro l'angolo poteva nascondersi un abisso infernale. Strani scherzi può fare l'immaginazione. E anche un buon libro.
Il romanzo va ben oltre, trascende direi verso un sentimento di male incombente assoluto e universale. Una lettura da brividi. Libro e autore consigliatissimi, ve lo garantisco.