lunedì 28 febbraio 2011

Fumetti di realtà

I fatti di cronaca che compongono la realtà, quel mosaico di avvenimenti più o meno grandi che prende il nome di "attualità" diventa uno degli stimoli più incisivi per lo scrivere, una vera e propria molla che fa scattare la scrittura dalla reazione agli eventi che vengono scaraventati sotto i nostri occhi dai mass media. Per chi scrive la tentazione è forte. Si pensa di avere il diritto/dovere di affermare la propria visione delle cose pensando che questa sia utile e necessaria. Sopratutto quando si è agli esordi è facile farsi trascinare da questo meccanismo. Bisogna raccontare cose "fresche". Gli editori recitano pure la loro parte, sapendo che un fumetto che tratta un argomento d'attualità avrà meno difficoltà ad essere preso in considerazione dalla stampa, dalla distribuzione, dai librai. In definitiva dai lettori. Gli autori intuiscono la cosa, e allora cercano di cavalcare la "tigre della realtà". Per esempio: il mio fumetto d'esordio uscito nel 2008 e scritto tra il 2006 e il 2007, Ti sto cercando, è una sceneggiatura che tratta l'immigrazione irregolare dall'Africa attraverso Lampedusa e l'Italia, con attenzione anche allo sfruttamento della manodopera irregolare nelle coltivazioni. Come un bravo scolaretto mi sono documentato su varie fonti. Ho ascoltato i racconti da chi quegli eventi li aveva vissuti sulla propria pelle. Poi ho cercato di dare una veste narrativa ai fatti.

Il fumetto è andato bene, ha venduto, è stato letto, apprezzato, ben recensito. Visti i fatti che stanno avvenendo in Tunisia, Egitto e Libia, a distanza di tempo pur riconoscendone certe magagne e asperità dovute all'inesperienza, Ti sto cercando rimane un fumetto sincero che intende essere onesto, pur essendo una narrazione in terza persona di cose che il sottoscritto non aveva vissuto direttamente. Da allora cerco di utilizzare informazioni indirette il meno possibile, personalmente credo che sia più sincero e utile basarsi su conoscenze dirette, su cose vissute in prima persona. Ciò non toglie che un autore possa sviluppare una propria visione delle cose che avvengono, ma diffido dai tuttologi che dissertano sull'intero scibile umano. Sarebbe meglio non esprimersi su ciò che non si conosce. Diverso è il tema dell'autobiografismo, su cui ritornerò. Ad ogni modo, avrei voluto scrivere su come la realtà sia uno stimolo per la scrittura, al solito è venuto fuori altro. Si sa, l'attualità prende sempre il sopravvento.

giovedì 17 febbraio 2011

Tristissimi giardini

Che Vitaliano Trevisan sia uno dei miei scrittori prediletti è ormai chiaro. Ho da poco concluso la lettura del suo Tristissimi giardini , saggio in forma di romanzo (o viceversa) pubblicato da Laterza lo scorso anno (e immagino ancora rintracciabile in libreria). Nel libro l'autore parla di cose che riguardano principalmente Vicenza, la sua città, e il Veneto, che utilizza come punti di partenza per illustrare e descrivere uno scenario più ampio che abbraccia l'intera penisola italiana. Il fulcro delle sue parole si basa essenzialmente sull'incompatibilità tra sviluppo e progresso, un concetto ben noto ai più attenti lettori di Pasolini.
Emblematica la citazione posta come antefatto del testo: "Guai a voi che aggiungete case a case e poderi a poderi fino a che c'è spazio! Vi starete soltanto voi sulla Terra?" - Isaia 5,8.
Lo sguardo di Trevisan percorre il territorio nei suoi aspetti materiali, come area su cui incide l'uomo con le sue attività, ma anche come spazio immateriale, luogo inteso come ambito mentale. E lo fa sviluppando una scrittura asciutta e senza fronzoli, una narrazione tentacolare priva di ipocrisie che aggancia nodi essenziali, concetti come centro e periferia, battendo il territorio passo passo tra cemento e asfalto, magazzini e capannoni, quartieri e "tristissimi giardini" in una prospettiva avvolta dalla dimensione del tempo. L'arco della vita di una persona come punto di vista sul territorio e del territorio di cui Trevisan ricompone un'immagine concreta e inedita rispetto ai luoghi comuni sul Nord Est e senza facili moralismi.
Un buon esempio di come, a mio parere, si possa intervenire sulla realtà attraverso una scrittura che brilla per coerenza etica ed estetica.

giovedì 10 febbraio 2011

Minus dixi quam voluit

Rompo il silenzio. Questo è a tutti gli effetti il primo post del 2011. Ci sarebbero tante cose da dire sull'ultimo mese appena trascorso, che poi sarebbe il primo (dell'anno) e non l'ultimo, ma le cose come le parole spesso valgono per il loro contrario. Troppe. Talmente troppe da non essere abbastanza. E non è questo il momento di rompere gli argini del fiume di parole in piena che circola nella mia testa, rischierei di travolgere qualche innocente e trascinarlo giù nel gorgo. Ma verrà il tempo. Con la scrittura è così. Bisogna decantare. Ci vuole tempo. Accumulare idee. Sensazioni. Documenti. Stendere frasi su frasi. Periodi. Cartelle. File. E infine aspettare. Decantare. L'anno scorso non ho fatto quasi altro. Il rischio è di accumulare troppe cose. Ma è un rischio che bisogna correre. Con la scrittura è così.

Passando ad altro, anzi, tornando ad altro, mi preme raccomandare una segnalazione (l'ennesima, ho perso il conto ormai) per Leggere Hugo Pratt apparsa stavolta a pag. 67 del settimanale Il Mondo (RCS), in questi giorni nelle edicole, all'interno della rubrica LIBRI curata da Antonio Calabrò (che ringrazio).Vale il motto dell'organizzazione Hydra del Marvel Comics Universe: "taglia un braccio e ne spunteranno altri due al suo posto". Il lavoro paga. La qualità paga. Sempre. Alla lunga le soddisfazioni meritate arrivano. Ad maiora.