venerdì 31 dicembre 2010

2011

Come ogni anno da qualche anno, alla fine del mese di Dicembre, mi rendo conto che sto esaurendo la mia agenda, i fogli della mia agenda ad anelli per l'esattezza, quella che mio cugino Paolo mi ha regalato per la mia laurea nell'ormai lontano 2003. Una bella agenda di pelle di cui non posso fare a meno, che toppa le falle della mia memoria, che si rinnova ogni anno semplicemente sostituendo i fogli con dei nuovi blocchetti fatti apposta da una ditta specializzata. Il negozio dove mi rifornisco si trova ad una ventina di minuti circa di strada a piedi da casa (per inciso, checchè se ne dica sono un grande camminatore, la loro è tutta invidia) e ci vado solo una volta all'anno per comprare i ricambi per l'agenda. Il fatto curioso è che mi ricordo dell'ultima volta che ci sono stato come fosse stato l'altro ieri, invece è passato un anno intero: il 2010 - odissea nello strazio. Un anno terribile sotto molti aspetti.
Peggiore di quello passato, come sempre d'altronde. E il 2011 sarà ancora peggio. Lo stesso Giacomo Leopardi nelle sue Operette Morali (una lettura ironica e per molti versi illuminante) mi aveva messo in guardia.
Charles Bukowski
diceva: La conoscenza che non viene seguita dall'azione è peggio dell'ignoranza. Perchè se tiri ad indovinare e non ci prendi puoi sempre dire, merda, gli dei mi sono avversi. Ma se sai e non fai vuol dire che in testa hai soffitte e anticamere buie da percorrere avanti e indietro a a cui pensare. Non è mica una cosa sana. Produce serate noiose, un eccesso di alcool e seghe. (da Taccuino di un vecchio porco). Allora mi viene da pensare a cosa mi ha dato se non conforto quantomeno l'idea che non tutto è perduto, che se non tutto è bene, per lo meno non tutto è male (ancora). Siccome le liste di fine anno degli altri in genere mi lasciano indifferente o indignato (senza mezze misure), me ne sono fatta una da me. Tralasciando gli affetti alla sfera privata, ho diviso per "passioni" o interessi che dir si voglia le cose buone dell'anno che finisce. Non "hobby", quelle sono cose che servono per passare il tempo. Io non passo il tempo. Io lo riempio (ricordate? Si, Norman Bates).
Fumetti.
Nessuno mi farà del male, di Giacomo Monti (un ritratto spietato e visionario dell'Italia di oggi e di domani, l'unico fumetto italiano del 2010 che lascerà il segno negli anni a venire).

Letteratura.
Grotteschi e arabeschi, di Vitaliano Trevisan (Si, lo so, è uscito l'anno scorso ma io l'ho letto quest'anno quindi zitti e mosca. Trevisan, tra i pochi che si ostinano a fare letteratura in Italia. Non servono altre spiegazioni).



Saggistica.

Terroni, di Pino Aprile. (Grazie al quale ho capito, documenti e dati alla mano, che noi italiani del sud abbiamo molto in comune con gli indiani cantati da De Andrè, le vittime narrate da Primo Levi e i palestinesi raccontati da Joe Sacco. Cercherò di disimparare la minorità a cui noi italiani del sud siamo stati educati e confinati negli ultimi 150 disgraziati anni - Ah! Garibaldi! Cos'hai combinato! - diceva Totò in Totò contro i quattro).
Cinema.
Shutter Island, di Martin Scorsese. (Capolavoro. Quando lo vidi una donna accanto a me alla fine della proiezione commentò così: U vidi? Finiu comu a Cogne. Al che ho pensato: Delle due, l'una. O sono un genio o non ho capito una benemerita minchia del film).
















Musica
.
Cattive abitudini, dei Massimo Volume. (Il ritorno della più grande rock band italiana degli anni '90 con un disco che è storia. Grande musica. Grandi testi. In direzione ostinata e contraria ai tempi di oggi che dettano parole vuote e suoni inutili).

Che il 2011 possa regalarci altrettante perle, almeno avremo qualche motivo per continuare a lottare.

lunedì 6 dicembre 2010

Bruno Bozzetto, fumetto e animazione

Con lo stage intensivo tenuto da Bruno Bozzetto nella scorsa giornata di sabato si è conclusa questa edizione del laboratorio di scrittura per il fumetto e l'animazione che ho condotto assieme a Luana Vergari per la Scuola di Editoria per il fumetto e la traduzione di Bologna.

La giornata è stata condotta dal maestro nella mattinata con vivacità e senza reticenze circa la propria pluriennale esperienza professionale nel settore e intorno al lavoro di scrittura di una narrazione (che poi sia trasposta a fumetti o in animazione poco cambia), dall'ideazione del racconto, allo studio dei personaggi, dalla composizione della struttura narrativa ai suoi equilibri interni, dal concentrarsi sulle idee alla maturazione del proprio sguardo d'autore. Quest'ultimo elemento risulterà sempre più decisivo in un contesto internazionale dove sono i mezzi economici e tecnologici ad imperare, almeno in apparenza, sulle storie e sulle idee.
Bozzetto nel pomeriggio ha pure coinvolto gli allievi in un workshop sull'animazione in Flash mettendo in evidenza le potenzialità e i rudimenti del mestiere di narratore per immagini animate e affiancando gli allievi nell'impostazione di una breve sequenza animata.
Lo stage con Bozzetto è stata una conclusione ottima per il corso, come docenti siamo soddisfatti per come sono andate le cose, la giornata finale ha aumentato il peso specifico degli incontri che abbiamo curato per gli allievi nell'ultimo mese.
Siamo insomma sulla strada giusta per far crescere questa esperienza nel tempo.
(nella foto, Bruno Bozzetto alla RAM colto durante un momento dello stage)

mercoledì 1 dicembre 2010

scrittura per il fumetto, giornate conclusive

Si avviano alla conclusione gli incontri del laboratorio di scrittura per il fumetto e l'animazione che conduco assieme a Luana Vergari per la Scuola di Editoria per il fumetto e la traduzione di Bologna.
Le ultime lezioni le ho dedicate alla stesura della sceneggiatura, analizzando nel dettaglio la composizione delle tavole, la "gabbia", cioè i vari tipi di disposizione e montaggio delle vignette usati nel mondo relativamente al formato della pubblicazione cui il fumetto sarà destinato, facendo anche attenzione a stedere un lavoro redazionalmente corretto (es. la numerazione di tavole e vignette, l'uso del grassetto, formattazione, etc. etc.).
Grande spazio ho dedicato alla regia, alla scelta delle inquadrature, la descrizione delle azioni, degli ambienti, dei personaggi e dei loro stati d'animo, mettendo anche in guardia gli allievi sulla composizione dei dialoghi (sintetici e caratterizzati sui personaggi) e sull'uso delle didascalie (da sviluppare quando le immagini hanno esaurito la loro parte narrativa, poichè ricordiamo che il fumetto è sequential art, cioè immagine sequenziale) e degli effetti (in dipendenza sopratutto dal tipo di fumetto che si sceneggia).
A completare il corso sarà lo stage di Bruno Bozzetto, un incontro lungo una giornata e riservato agli iscritti in cui il maestro terrà una lezione teorica con delle esercitazioni pratiche, oltre a essere a disposizione degli allievi per ogni suggerimento. E così anche questa bella esperienza sarà andata. Alla prossima!
(nell'immagine in alto il meraviglioso Autoritratto sulla Bugatti verde di Tamara de Lempicka, 1925)

mercoledì 24 novembre 2010

scrittura per il fumetto, altri incontri


Procedono gli incontri del laboratorio di scrittura per il fumetto e l'animazione che conduco assieme a Luana Vergari per la Scuola di Editoria per il fumetto e la traduzione di Bologna.
Le scorse lezioni frontali con esercitazioni scritte le ho dedicate all'analisi del linguaggio del fumetto, approfondendo i meccanismi interni della narrazione a fumetti, uno studio a mio parere preliminare e propedeutico per la scrittura di una sceneggiatura, poichè se non si prende consapevolezza di ciò, che il fumetto è un linguaggio iconico fatto di immagini cioè, ma anche di parole, non si potrà poi imparare a manipolarlo, a scomporlo e ricomporlo narrativamente.
Bisogna aver chiara l'idea di come funzionano lo spazio e il tempo all'interno delle vignette e delle tavole e di come la loro fruizione da parte del lettore sia decisiva: stimolare una lettura critica del fumetto è un passo verso la consapevolezza di sé come autori.
Nel fumetto ogni elemento è "racconto", ogni immagine, parola, segno, e quindi bisogna selezionare ciò che è ineludibile ai fini della narrazione.
Infine siamo ritornati a trattare di punti di vista, ideazione di storie e caratterizzazione dei personaggi, dell'importanza della documentazione e della redazione di schede per personaggi e ambienti accanto alla composizione del soggetto e dello sviluppo del trattamento.
I prossimi incontri li dedicherò alla stesura della sceneggiatura.
(nell'immagine in alto, dipinto di Edward Hopper: Conference at night, 1949)

giovedì 18 novembre 2010

scrittura per il fumetto, prime lezioni



La scorsa settimana è iniziato il laboratorio di scrittura per il fumetto e l'animazione che conduco assieme a Luana Vergari per la Scuola di Editoria per il fumetto e la traduzione di Bologna.
Al momento sono due le lezioni frontali con esercitazioni scritte che ho curato, dedicate alla scrittura narrativa, all'ideazione e alla costruzione di una narrazione strutturata, alla scelta del linguaggio e delle parole, alla cura dei dialoghi, alla caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti.
Il mio intento è stato quello di condurre gli allievi verso la scoperta del proprio punto di vista sulle cose: è fondamentale scoprire e coltivare il proprio sguardo, la propria voce per esprimere le idee in una scrittura che sia efficace ed espressiva.
I rudimenti tecnici della scrittura, il talento, la capacità innata di raccontare e una buona stella possono non bastare senza la consapevolezza della propria identità d'autore.
Nei prossimi incontri cercherò di allargare e trasferire questi concetti nell'ambito dei fumetti, approfondendo le specificità del linguaggio del fumetto. In seguito ho intenzione di affrontare soggetto e sceneggiatura.
L'obiettivo finale della mia sezione di laboratorio per quanto mi riguarda è dotare gli allievi di un bagaglio di strumenti e di consapevolezza della propria scrittura che possa servirgli nel percorso di maturazione come autori di narrativa e fumetto. Spero di farcela.
(nell'immagine in alto: Jan Vermeer, Donna che scrive una lettera, olio su tela, 1665 circa)

martedì 9 novembre 2010

Scrittura e sceneggiatura per il fumetto e l’animazione 2010



Dalla scorsa primavera ho iniziato a collaborare con la Scuola di Editoria per il Fumetto e la Traduzione di Bologna.
Oggi avranno inizio gli incontri del Laboratorio di Scrittura per il Fumetto e l'Animazione che curo assieme a Luana Vergari e che vedrà la partecipazione di Bruno Bozzetto il 4 dicembre, in una giornata speciale riservata agli iscritti.

Ecco il calendario del corso:

Scrittura e sceneggiatura per il fumetto e l’animazione
Programma 2010

Novembre 2010

La scrittura narrativa e il fumetto – Giovanni Marchese
martedì 9 dalle 19 alle 22

Dal fumetto all’animazione – Luana Vergari
giovedì 11 dalle 19 alle 22

La scrittura narrativa e il fumetto – Giovanni Marchese
martedì 16 dalle 19 alle 22

Dal fumetto all’animazione – Luana Vergari
giovedì 18 dalle 19 alle 22

La scrittura narrativa e il fumetto – Giovanni Marchese
sabato 20 dalle 10 alle 18

La scrittura narrativa e il fumetto – Giovanni Marchese
martedì 23 dalle 19 alle 22

Dal fumetto all’animazione – Luana Vergari
giovedì 25 dalle 19 alle 22

Dal fumetto all’animazione – Luana Vergari
sabato 27 dalle 10 alle 18

La scrittura narrativa e il fumetto – Giovanni Marchese
martedì 30 dalle 19 alle 22

Dicembre 2010
Dal fumetto all’animazione – Luana Vergari

giovedì 2 dalle 19 alle 22

Evento speciale – incontro con Bruno Bozzetto
sabato 4 dalle 10 alle 18

domenica 7 novembre 2010

Sonic Youth

Ho scoperto i Sonic Youth all'inizio degli anni novanta con l'album Goo di cui vedete giusto qui a lato la splendida copertina e da allora è stato non dico amore a primo ascolto, poichè inizialmente trovai quel suono ruvido e sporco per nulla immediato come erano stati i miei ascolti precedenti (sostanzialmente i R.E.M. e i Red Hot Chili Peppers - quelli del meraviglioso Blood sugar sex magik) e quindi più incline all'introspezione che allo scazzo puro dei miei sedici anni, ma tutto stava giusto nascosto dietro l'angolo, poichè a poco a poco tramite i Sonic Youth iniziai ad ascoltare altri gruppi favolosi come i Pixies, i Pavement e i Radiohead, tra gli altri.
C'è da aggiungere che, Elio e le storie tese a parte, posso tranquillamente affermare che non ho ascoltato veramente italiani prima dei venti anni (e anche allora fu un miscuglio impuro di CCCP, DeAndrè, Battiato, Gaetano e Flor de Mal con i MASSIMO VOLUME (il maiuscolo è voluto - a proposito, immenso il loro ultimo lavoro Cattive abitudini). Poi arrivarono Bob Dylan e Neil Young, più oltre Miles Davis e John Coltrane, ma adesso sto divagando.
Passarono gli anni e a poco a poco il suono dei Sonic Youth entrò in sintonia con me (o fu piuttosto il contrario?) fino a diventare una specie di costante, un punto di ascolto su cui fermarsi in continuo - penso a capolavori come EVOL o Daydream Nation, fin anche gli ultimi lavori che, è vero, non hanno la carica innovativa di un tempo, ma minchia, i membri della band sono splendidi cinquantenni ancora credibilissimi! Quello è il suono giusto, quasi sempre, che ci porta notizie del mondo là fuori come pochissimi ancora riescono.
Il "rumore organizzato" della gioventù sonica, ecco, nulla di più e nulla di meno.


martedì 2 novembre 2010

Dilma Roussef o Brasile - Italia 4 a 1

Come direbbe il protagonista del nuovo fumetto - che il prode Luca Patanè continua a illustrare tavole su tavole una più bella dell'altra - "Si fa presto a dire la Cina di qua, la Cina di là... che la Cina è il futuro... bah! Il Brasile! Il Brasile è il modello per il domani, altro che la Cina! Il BRASILE!" . Il Sud America è la nuova frontiera. Chi vuol intendere in tenda, gli altri chissà...

Ad ogni modo, bando alla ciance, smaltita la giornata luccacomicosa si ritorna all'attività con una novità obladìobladà per cui si prospetta nientemeno che una presentazione di Storytellers in quel di Bologna!
Il tutto a partire dalle 18.30 di sabato 6 Novembre. Dove? Semplice, presso la sede della Scuola di editoria per il fumetto e la traduzione ovvero lo Studio Grafico RAM Design di via San Valentino 1/F a Bologna per l'appunto.
Saranno presenti Andrea Plazzi e Marco Ficarra, Luana Vergari e il sottoscritto.

Per tutti gli stolti che non ricordassero cosa sia Storytellers rimembro ancor trattarsi dell’album che la Tunué ha voluto dedicare a soggettisti & sceneggiatori. Una pubblicazione assai interessante poiché approfondisce la figura dell'autore di fumetti e del lavoro di scrittura e sceneggiatura di un fumetto, un argomento poco conosciuto e un lavoro troppo spesso sottovalutato.
All'interno del libro otto sceneggiatori raccontano il loro mondo: Andrea Campanella, Alessandro Di Virgilio, Andrea Laprovitera, Giovanni Marchese, Lucio Perrimezzi, Cristiano Silvi, Mauro Uzzeo e Luana Vergari svelando i rispettivi percorsi illustreranno come ognuno di essi fondi e organizzi la propria scrittura, suggerendo strategie, principi teorici e metodi di lavoro.

Il libro, curato per l’apparato redazionale da Angelo Orlando Meloni, contiene per ognuno degli sceneggiatori coinvolti un’intervista, un racconto inedito e un nucleo di tavole sceneggiate con la corrispondente tavola illustrata giustapposta accanto, una maniera utile per raccontare il mondo degli scrittori di fumetti e studiare la sceneggiatura per il fumetto.

La sezione dedicata a Luana Vergari e al sottoscritto contiene appunto oltre l’intervista anche tavole sceneggiate e illustrate di fumetti (editi e inediti) e un racconto inedito per ciascuno intitolati rispettivamente Mio nonno non è von Gotha e Funghi di carne.
Siete caldamente invitati a partecipare!

mercoledì 27 ottobre 2010

Lucca Comics 2010

Anche quest'anno ritorna Lucca Comics la storica manifestazione legata al fumetto che si svolgerà all'interno delle mura della cittadina toscana dal 29 Ottobre al primo Novembre.
Ammetto che fino a pochi giorni fa ero in dubbio se andare o meno... il nuovo fumetto, facendo gli scongiuri del caso, uscirà infatti in primavera... e quindi non mi andava più di tanto di spostarmi, ma alla fine la pigrizia mi ha abbandonato e quindi andrò, ma solo per un giorno, quello gericamente più tranquillo della fiera, ovvero il primo.

Nella giornata di venerdi 29 dunque chi vorrà potrà trovarmi presso lo stand Tunuè (E101) al padiglione editori di piazza Napoleone, preferibilmente nella mattinata giacchè nel pomeriggio sarò impegnato con la Scuola di Editoria per il fumetto e la traduzione di Andrea Plazzi & Marco Ficarra (Ram Desing) di Bologna con cui ho iniziato a collaborare, infatti alle ore 15.30 presso la Sala Incontri della Camera di Commercio di Lucca (che si trova giusto nei pressi di piazza Napoleone) si terrà la presentazione dei corsi del nuovo anno accademico della scuola, in particolare si parlerà del corso di scrittura e sceneggiatura per il fumetto e l'animazione che sarà curato da Luana Vergari e dal sottoscritto (e per il quale le iscrizioni saranno aperte ancora per un paio di settimane circa, per cui chi fosse interessato a iscriversi potrà avere delucidazioni circa la didattica del corso e qualsiasi altra informazione inerente).

Siete quindi invitati a partecipare all'incontro in cui saranno presenti oltre al sottoscritto anche Luana Vergari, Andrea Plazzi e Marco Ficarra.
Bene, ad ogni modo ci si vedrà venerdi tra gli stand per i saluti e per tutto! ^____^

lunedì 25 ottobre 2010

Daria di Mtv

Cielo cupo, nuvole grigie, scariche di pioggia e umidità... qualcuno si inventa la metereopatia per giustificarsi, ma tanto è inutile, con questo clima il buon umore è semplicemente fuoriluogo. Scriverò di caratterizzazione dei personaggi.
Quando si scrive una storia il punto di vista è fondamentale, la visione delle cose del personaggio stabiliscono una direzione precisa alla narrazione (certamente il tempo pessimo è una variabile da considerare nella caratterizzazione psicologica dei personaggi di un fumetto).
A questo proposito, faccio un esempio che mi viene bene citando il personaggio di Daria, la protagonista dell'omonima serie televisiva animata andata in onda in Italia su Mtv nella seconda metà degli anni '90. Sono certo che in tanti ancora la ricordano.
Daria spiccava per la sua personalità, per il modo apparentemente distaccato e cinico con cui guardava alle cose del mondo e alla vita, dico apparentemente poichè il cinismo non si traduce quasi mai in un distacco totale dalla realtà, secondo me. Al cinico non è che non importi poi nulla di niente, semplicemente riconosce come veramente importanti poche cose e a queste conferisce un valore assoluto. In poche parole: sincerità nel riconoscere il mondo per quello che è.
C'era poi un altro dato: l'immedesimazione col personaggio. Non era difficile riconoscersi in Daria, nella sua distanza dagli altri, nel sentirsi estranei in un "triste mondo malato", nel suo rimanere sana nonostante l'alienazione collettiva. C'erano poi gli anni '90 al declino, i libri e una certa musica, l'abbigliamento e un certo modo di atteggiarsi a completare il tutto.
Quando si riesce a caratterizzare un personaggio in maniera così efficace si è a metà dell'opera.

venerdì 22 ottobre 2010

Tiziano Sclavi

Negli ultimi giorni senza alcun motivo preciso mi è capitato di ripensare a Tiziano Sclavi che, a mio parere, dovrebbe essere un punto di riferimento irrinunciabile per chi scrive fumetti.
Come molti della mia generazione mi sono avvicinato alla scrittura di Sclavi tramite Dylan Dog, la sua creazione più famosa e popolare. L'ho letto sin dal primo numero e attraverso i vari speciali e gli almanacchi l'ho seguito durante la mia adolescenza fino alla prima giovinezza quando, in seguito al suo abbandono di fatto della serie, non ho più trovato interesse per quei fumetti. Perchè a me piaceva Sclavi, non tanto Dylan Dog in sè per sè, che, a mio parere, senza la scrittura di Sclavi si riduce a ben poca cosa.
Un buon narratore deve portare notizie da un mondo all'altro, trasformare la nostra percezione della realtà: Sclavi ci riusciva con una freschezza ed una immediatezza formidabili.
Lasciava la sua inconfondibile impronta su quel che scriveva, facendone il suo mondo e al tempo stesso comunicando con un numero di lettori da far paura. Aveva un suo modo di guardare il mondo che riusciva a trasformare in una visione espressiva attraverso la scrittura per i fumetti e mantenendo una profonda corrispondenza tra etica e estetica in una scrittura in cui traspariva la sua passione. Faceva del suo meglio quando scriveva e si sentiva.
Dylan Dog divenne per caso e da un giorno all'altro un fenomeno di costume e una moda. In tal senso Sclavi ha indubbiamente avuto una dose di fortuna senza la quale i suoi lavori non avrebbero conosciuto una diffusione ed un apprezzamento così ampi e unanimi, ma senza il suo talento non avrebbe lasciato un segno così indelebile.
Mi rendo conto che ne parlo al passato, probabilmente perchè oramai è inattivo in pratica. Sulle cause di questa condizione non voglio entrare. Non ne so abbastanza, oltretutto so per esperienza personale quanti e quali fattori possano entrare in gioco nella scrittura quando essa rappresenta quel che sei. Rispetto, pudore e discrezione mi impediscono di andare oltre, anche se mi dispiace molto non averlo conosciuto di persona. Qua voglio dire qualcos'altro anche, a mio parere la sua produzione letteraria andrebbe rivalutata, riletta e considerata forse con un'attenzione diversa, penso a romanzi come DellaMorte dellaMore, Nero e La circolazione del sangue.
Imitarlo non serve, la vera sperimentazione deve essere originale, ma nel mio piccolo tengo presente la sua lezione. Oggi nel fumetto italiano manca però una scrittura come la sua, che sia speciale e che sappia parlare allo stesso tempo ad un pubblico molto ampio. Diversamente oggi i narratori a fumetti più originali e significativi restano quasi sempre ristretti, fatta qualche rara eccezione, all'interno di una riserva indiana. Non riusciamo più ad essere originali e popolari?

lunedì 18 ottobre 2010

Luis Buñuel

Durante i miei anni universitari fui tra i fondatori e animatori di un cineforum studentesco. Adesso potrà sembrarvi strano, ma fu il primo cineforum studentesco della facoltà (nel senso che non ne erano mai esistiti altri prima di allora - si, erano altri tempi).
Ogni volta per le varie rassegne che organizzavamo bisognava smaltire una serie di pratiche burocratiche per avere l'autorizzazione a svolgerle, il programma doveva avere l'imprimatur di una docente che per altro in materia non aveva la benché minima competenza, oltretutto i mezzi a nostra disposizione erano alquanto obsoleti (un vecchio vhs e uno scalcinato televisore a 60 pollici o giù di lì) per altro disponibili solo in un'aula il cui utilizzo era limitato dalle 18,30 alle 20,30 a causa delle lezioni precedenti che vi si svolgevano e dei bidelli che finivano l'orario di servizio. Si, eravamo costretti a scegliere film di massimo due ore... non eravamo un gruppo numeroso, e di solito non ci mettevamo molto a scegliere i film (anche perchè dovevamo procurarceli noi a nostre spese, ovvio). La facoltà non scuciva una lira. Scopo del cineforum era diffondere cultura cinematografica.
Per me fu un'occasione unica per vedere opere che non conoscevo e scoprire autori di cui fino ad allora avevo solo sentito parlare. Ho un bel ricordo di quelle rassegne. Mi hanno aiutato a capire il cinema, a formare un mio gusto, un senso critico. E poi il cinema aiuta a sognare, a capire la realtà, a scoprire chi siamo e dove andiamo. Per chi scrive il cinema (il buon cinema) è fondamentale.
Una volta finita l'università, dopo la laurea, il cineforum chiuse i battenti, nonostante le proiezioni fossero sempre frequentate dagli studenti non ne trovammo da coinvolgere per continuare l'iniziativa dopo di noi.
Con l'avvento della riforma e delle "insegne luminose che attirano gli allocchi" le rassegne iniziarono ad essere organizzate dalla facoltà, con mezzi più adeguati (proiettori digitali, maxi schermo) ma senza anima, così, per puro scopo didattico e spesso senza una logica estetica.
Ad ogni modo, durante quelle rassegne scoprii per esempio Luis Buñuel e mi appassionai al suo cinema. Pellicole come I figli della violenza, Estasi di un delitto, Nazarin, Viridiana, L'angelo sterminatore, Simon del deserto, fino a Bella di giorno, Il fascino discreto della borghesia e Quell'oscuro oggetto del desiderio mi hanno suggestionato parecchio, a esse sono tornato negli anni più volte per rintracciare qualcosa che ancora mi sfuggiva.
Il respiro antiborghese, l'anticlericalismo e la vena surreale del cinema di Luis Buñuel mi hanno ispirato più di qualche idea.
Per dire che il cinema racconta la realtà, ti spinge a comprendere e poi a tua volta a raccontare le cose dal tuo punto di vista. Nel nuovo fumetto ci sono state delle sequenze surrealiste che mi hanno aiutato a scrivere le tavole in maniera più efficace. Non so, oggi me ne sono ricordato, tutto qua.

giovedì 14 ottobre 2010

Philip K. Dick

Tutto ebbe inizio, almeno per me, nella primavera del 1996. Allora non avevo ancora compiuto vent'anni ma la letteratura era già al centro dei miei interessi. In quel tempo senza alcuna ragione precisa iniziai a interessarmi alla fantascienza. Asimov non riusciva ad appassionarmi. Preferivo qualcosa di più viscerale. Un amico appassionato di science-fiction mi indicò allora un classico Urania che era appena uscito, si intitolava Il dottor Futuro: Philip K. Dick da quel giorno divenne uno dei miei scrittori preferiti.
Trovo sempre qualcosa di interessante in quelle storie, nella loro scrittura, che travalicano il genere e i suoi romanzi di tanto in tanto si affacciano tra le mie letture da Il disco di fiamma a La svastica sul sole, da I simulacri a Ubik, passando per La penultima verità, Follia per sette clan, Illusione di potere, Noi Marziani, In senso inverso, Scorrete lacrime disse il poliziotto e Labirinto di morte fino all'inarrivabile e immensa Trilogia di Valis. Un'impresa che non vedrà mai fine data la sconfinata produzione del grande scrittore americano. Ciò nonostante arriva sempre il momento per un buon libro di Philp K. Dick, perchè le sue storie dietro l'aspetto fantascientifico raccontano l'irrequietezza di un autore acuto osservatore della realtà, interprete delle illusioni e delle finzioni del mondo, sempre pronto a anteporre la pura e semplice dignità dell'essere umano contro ogni oppressione politica, attento ai risvolti psicotici della società post-moderna, all'impatto feroce dei mass media e della tecnologia sull'individuo, alle droghe, alla manipolazioni della verità e della mente, teso negli ultimi anni fin anche alla ricerca di Dio. Si, probabilmente Philp K. Dick è tra i maggiori scrittori nordamericani del novecento. Quasi ignorato in vita, noto solo alla cerchia degli appassionati, dopo la sua morte e per un certo periodo fu quasi di moda, sopratutto in seguito all'uscita di Blade Runner (pellicola di Ridley Scott ispirata a un suo racconto) e grazie alla corrente letteraria del cyber-punk. Certo, negli anni è stato saccheggiato da chiunque, al cinema, nei fumetti e anche da una moltitudine di pallidi epigoni. Tuttavia Philip K. Dick resta dannatamente attuale.
E cosa c'entra Philip K. Dick col mio nuovo fumetto? Non c'entra ma in qualche modo c'entra.

lunedì 11 ottobre 2010

Mister No

Leggo fumetti sin da quand'ero bambino, Geppo e Topolino erano i miei preferiti, da ragazzo poi ho letto di tutto da Spiderman a Batman, da Ken Parker a Dylan Dog. Crescendo scoprivo altri mondi a fumetti (la Vertigo - di cui ho scritto proprio qui qualche mese fa - gli argentini, i classici - Pratt, Buzzelli, Micheluzzi - e via via Giardino, Gipi, Toffolo, Bacilieri... e tanti altri ancora... ma se dovessi scegliere un personaggio che ricordo con particolare piacere tra le mie letture di fumetti di ragazzo credo che penserei subito a Mister NO. Ricordo che trovavo suoi albi da leggere pure dal barbiere dove andavo a tagliare i capelli, a disposizione dei clienti in attesa. Albi stampati su carta povera e ingiallata, ruvida al tatto, economici, splendidamente illustrati in bianco e nero.
Fu creato nel 1975 da Guido Nolitta, alias Sergio Bonelli, col contributo grafico di Gallieno Ferri, Franco Donatelli e Roberto Diso. Nel personaggio Bonelli infuse molto di sè: la passione per i viaggi esotici, per il jazz (dixieland e bebop), per l’avventura ed i miti cinematografici dei fifties.
Mister No viveva nell’Amazzonia brasiliana degli anni cinquanta, si guadagnava da vivere pilotando un Piper per turisti, ricercatori, archeologi ed avventurieri rimanendo spesso coinvolto in situazioni pericolose. A fare da sfondo alla serie erano la sonnolenta Manaus di allora, gli aerei d’epoca, le foreste pluviali, le tribù di indios, le paludi, i templi nascosti, i battelli fluviali e il Rio delle Amazzoni coi suoi affluenti.
Mister No era un gringo, un americano il cui vero nome è Jerry Drake. Il soprannome “Mister No” se lo era guadagnato al tempo della guerra di Corea (1950-53), quando faceva parte delle “Tigri volanti” dell’aviazione statunitense. Insofferente alla disciplina, non tollerava l’ottusità dei militari buoni a ubbidire agli alti ufficiali anziché alla propria coscienza. Di indole ribelle, Jerry Drake si era arruolato nell’esercito per sfuggire al padre con cui aveva un rapporto aspro e contrastato e alla fine del conflitto, disgustato dagli orrori, abbandonò l’esercito e la frenetica società occidentale per rifugiarsi nella rovente, umida, placida Manaus, capitale dell’Amazzonia. Mister No negli anni si affermò come uno dei personaggi innovativi del fumetto popolare italiano. L’insofferenza alla disciplina, la lealtà, l’amore per la chachaca e le belle donne contraddistinguono questo drammatico e allo stesso tempo scanzonato personaggio. Jerry Drake non era il classico eroe tutto d’un pezzo, aveva rapporti liberi con le donne, fuggiva da qualcosa senza sapere bene cosa (la famiglia, l'esercito, la società tutta). Era un perdente forse, una persona che doveva fare i conti con una coscienza irrequieta, una visione del mondo contraria alle ingiustizie. Funse da apripista per antieroi problematici quali Ken Parker (1977) e Dylan Dog (1986), tutti e tre debitori in qualche modo del Corto Maltese di Pratt (ma questa è un'altra faccenda).
Nel 2008 durante una Mostra Internazionale di Cartoonist a Rapallo (GE) ho conosciuto Giovanni Bruzzo (tra i disegnatori della serie nelle ultime annate) che mi ha omaggiato gentilmente di un bellisimo disegno in A3 del buon vecchio MisterNO!
Mi rendo conto che forse ricordare questi personaggi e un certo modo di fare fumetti rimane qualcosa di nostalgico. Tutto cambia, com'è giusto che sia. Probabilmente non esisterebbero lettori nè editori disposti più a scomettere un euro su qualcosa del genere (la stessa Bonelli ha chiuso la serie). Sicuramente c'è qualcosa in quei modi di raccontare che oggi non funziona più. Andrebbero aggiornati e rivisitati. Eppure c'è stato un tempo in cui bastava vedere un areo planare sopra la foresta amazzonica per sognare una grande Avventura a fumetti. Bei tempi, tuttosommato.

venerdì 8 ottobre 2010

Megaloman

Ho frequentato le scuole elementari durante la prima metà degli anni ottanta. L'invasione nipponica in Italia era già iniziata da qualche annetto. Le emittenti televisive avevano iniziato a trasmettere i cartoni animati giapponesi. Se non ricordo male i primi che ricordo di aver visto erano Goldrake e Mazinga. Poi arrivarono Jeeg Robot d'acciaio e Daitarn 3 e tanti altri. Negli anni arriverò a vederne a bizzeffe...
Non è dei robot dei cartoni giapponesi che voglio scrivere, bensì di un telefilm giapponese con protagonisti attori in carne e ossa che all'epoca seguivo tutti i giorni: Megaloman.
La storia era molto semplice, il giovane Takashi e sua madre scappano dal pianeta Rosetta invaso dall'Esercito della Stella Nera comandato da Capitan Delitto e si rifugiano sul nostro pianeta dove vivono pacificamente in Giappone. Takashi conduce apparentemente una vita normale, come tanti coetanei, frequenta la palestra di Kung Fu del maestro Takamine, ha una fidanzata, Ran, figlia del maestro, e tre inseparabili amici, Seiji, Hyousuke e Ippei. Tranne Takamine, nessuno conosce la verità sul passato di Takashi, finchè l'Esercito della Stella Nera prenderà di mira il pianeta Terra inviando i terribili mostri guerrieri.
A quel punto Takashi riceve in dono dalla madre due braccialetti che gli consentiranno di trasformarsi nel gigante Megaloman e combattere così gli invasori. Anche Ran, Seiji, Hyousuke e Ippei riceverano dei braccialetti che potenzieranno le loro abilità marziali per affiancare Takashi nella lotta contro l'Esercito della Stella Nera.
Le storie erano molto semplici. In genere ogni episodio iniziava con Capitan Delitto intento a ordire un piano per disttuggere Megaloman, ostinato baluardo di difesa della Terra, poi seguiva l'invio di un mostro guerriero che rompeva la pacifica quotidianità della cittadina nipponica di turno, quindi l'intervento di Takashi-Megaloman avrebbe poi risolto la faccenda e rinviato lo scontro all'episodio successivo. Non mancherà il colpo di scena alla fine della serie: Capitan Delitto era in realtà Hiroshi, il fratello gemello malvagio di Takashi!
Ovvio, visti adesso perdono gran parte del loro fascino, ma a quell'età a queste cose ci si appassiona sul serio... poi gli scenari erano realistici, molto vicini alla quotidianità da sembrare veri, tanto che ricordo come un giorno, avrò avuto sei-sette anni, chiesi a mia madre perchè al telegiornale non parlavano mai dei mostri guerrieri che attaccavano la Terra e di tutti i danni e i morti che provocavano in Giappone... ah! beata innocenza!

martedì 5 ottobre 2010

Corto Maltese

Nel 2006 la Tunuè pubblica il mio saggio Leggere Hugo Pratt. L'autore di Corto Maltese tra fumetto e letteratura. Un lavoro durato circa tre anni (considerato pure che il libro nacque dalla rielaborazione, dallo sviluppo e dall'approfondimento della mia precedente tesi di laurea) che a distanza di quasi un lustro dall'uscita continua a difendersi bene o, come mi suggeriscono dalla Tunuè, "fa catalogo". Ad ogni modo, il saggio fu pure tra i finalisti del Premio Franco Fossati 2007.
Insomma, nonostante la saggistica sia molto faticosa come attività e poco o nulla remunerativa, almeno nella maggioranza dei casi, questo libro per me avrà sempre un significato particolare. Da un lato segna il mio debutto da "professionista" nel mondo del fumetto, dall'altro unisce nella realizzazione di un sogno che accarezzavo da tempo le mie principali passioni: la scrittura, il fumetto e la letteratura.
Negli anni poi sono venuti i soggetti e le sceneggiature, non sono mancate le recensioni e le segnalazioni per Leggere Hugo Pratt però, credetemi, la vita di un autore può avere dei momenti davvero grigi dettati da cause che spesso non dipendono nemmeno dalla propria volontà ma da quella altrui o dal semplice e incontrollabile caso (un progetto per un fumetto che non va in porto, una tua idea che alle tue spalle viene copiata dagli altri - che fanno pure gli indifferenti - un libro che salta all'ultimo momento...), ebbene in questi casi ecco che in qualche modo il buon HP mi manda un segnale di incoraggiamento.
Giusto ieri nello studio di un amico mi trovavo a sfogliare l'ultima edizione dei fumetti di Corto Maltese (in particolare il volume numero 9 - Suite caribeana) che escono in abbinamento ai periodici Rizzoli-Corriere della Sera ed ecco che all'interno dell'apparato redazionale curato da Fabio Licari a pag. 4 leggo quanto segue "In cerca di una chiave di comprensione moderna, ordinata e sintetica dell'opera prattiana suggerisco Leggere Hugo Pratt (Tunuè, 2006), saggio ben scritto da Giovanni Marchese".
In questi casi il morale spicca un salto in alto e ritorni a credere che presto o tardi gli obiettivi saranno raggiunti.
Grazie Maestro!

sabato 2 ottobre 2010

Che tempo che fa


Riprendo il racconto sulla composione di soggetto e sceneggiatura del nuovo fumetto. Assimilati libri, sogni e riflessioni, avevo ormai chiaro che il punto di vista da cui avrei elaborato la narrazione sarebbe stato quello di uno schizoide paranoico che si sarebbe mosso in un contesto di feroce frontiera collocata in una Sicilia prossima ventura, diciamo situata alla distanza di una misera manciata di due-tre anni nel futuro rispetto all'oggi.
James G. Ballard da qualche parte sostenne che l'unica realtà possibile è quella che costruiamo dentro di noi: cercai di mantenermi sulla traccia di questo sentiero.
In una prima fase mi concentrai sulla raccolta di materiale narrativo che si formava spontaneamente dall'osservazione e dalla rielaborazione della realtà, di cose da dire dettate esclusivamente dalla semplice urgenza e dalla loro bruciante attualità.
Le gettai tutte via come in fondo all'acqua: personaggi, concetti, idee, situazioni.
Mi sedetti in riva al fiume e attesi il cadavere del nemico.
In quei momenti aspetti, non devi farea altro. Aspetti, e se non succede niente, aspetti ancora un po'.
Solo ciò che ritornò a galla fu da acchiappare e ritenere utile alla faccenda, alla storia che mi accingevo a raccontare.
Quella del tempo che scorre tra l'ideazione di un racconto, la stesura di una trama, l'elaborazione di un soggetto, la raccolta di una congrua documentazione è a mio modo di vedere la fase più importante e delicata nella scrittura di un fumetto, poichè se essa risultasse inadeguata neanche il migliore disegnatore al mondo riuscirebbe nell'impresa di raddrizzare le sorti di un libro a fumetti nato male.
Questa è la parte più preziosa e contemporaneamente la più sconosciuta nella creazione di un fumetto: il tempo.
Nessuno mai inserirà nei credits di un fumetto il tempo.

(nell'immagine: Edward Hopper, Rooms by the sea, 1951)

martedì 28 settembre 2010

Aristoteles

Quando si costruisce il racconto di una storia possono accadere le cose più strane, può succedere ad esempio di trovare all'interno della trama personaggi, ambienti, suggestioni dalla provenienza più disparata.
Leggi un libro e un dato personaggio finisce per ispirartene un altro che inserirai nella tua storia. Ascolti un disco e una determinata atmosfera che inseguivi senza riuscire ad afferrarla prende corpo nella tua mente e la riversi su carta. Vai al cinema e una sequenza ti riporta alla mente un fatto che ti è capitato quand'eri bambino e che finirà per servirti da antefatto per un determinato evento del racconto a cui stai lavorando.
Poi fai una passeggiata e ripensi alla tua storia, ai punti che rimangono ingarbugliati finchè all'improvviso ascolti uno scambio di battute tra due passanti e il dubbio inizia a sciogliersi.
C'è pure qualcosa di più curioso che può capitare.
Ad esempio, nell'immagine in alto vedete ritratti un ruspante Lino Banfi (alias Oronzo Canà, allenatore della Longobarda) e il longilineo Urs Althaus (alter ego di Aristoteles, fantasista brasiliano della squadra). Alle loro spalle l'ex duo comico Gigi & Andrea, molto popolare negli anni '80, che nella pellicola del 1984 interpretavano rispettivamente Giginho, improbabile cacciatore di talenti, e Andrea Bergonzoni, disinvolto procuratore di assi brasiliani. Tutti protagonisti del leggendario film intitolato L'allenatore nel pallone.
Bene, tempo fa rivendendo Il nome della rosa, il film del 1986 di Jean-Jacques Annaud ispirato all'omonimo romanzo di Umberto Eco, mi rendo conto di vedere tra i frati un volto noto... quello di Urs Althaus, già nel ruolo del calciatore Aristoteles, che interpreta il personaggio di Frate Venanzio, un monaco che traduce dal greco antico i testi del filosofo Aristoteles!
Nell'immagine potete vederlo indossare sul set i panni del Frate accanto a Sean Connery che nella pellicola interpreta Frate Guglielmo da Baskerville (altra citazione da Il mastino dei Baskerville con Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle).
Esempi unici di inside jokes, cioè citazioni di spirito comprese e colte soltanto da una ristretta elite di nerd... altro che Apocalittici e integrati!

venerdì 24 settembre 2010

Calimero

Tra le varie questioni che animano il dibattito intorno ai fumetti in Italia c'è quella realtiva al romanzo a fumetti, noto sopratutto col termine graphic novel, contrapposto al fumetto, come se le due parole possano stare in antitesi... sarebbe come contrapporre western all'italiana a cinema... o romanzo noir a letteratura... una stupidata.
Ripeto quanto scritto altrove e affermato durante gli incontri dei vari laboratori di fumetto che negli anni ho curato: la polemica non ha senso, la discussione è pretestuosa, finalizzata a gerarchizzare e ghettizzare opere, autori e lettori al limite dell'autolesionismo masochista.
Per me graphic novel sta come pocket, albo bonelliano, comic book, strip o striscia che dir si voglia, album cartonato alla francese... giornaletti.. sono categorie merceologiche e al tempo stesso tipi di fumetto con linguaggi caratteristici propri. Stop.
Il fumetto resta sempre un mezzo espressivo. I fumetti sono fumetti e basta.
Ma non finisce qui.
In Italia c'è pure un altro sport nazionale che di tanto in tanto si pratica: additare ai fumetti l'origine primigenia di ogni tipo di nefandezza (es. omicidi, satanismo, violenza)... Qualcuno ricorderà le polemiche suscitate da quel numero di Alan Ford in cui si faceva rifermento ai delitti di Novi Ligure o al clamore dell'ottimo fumetto di Paolo Bacilieri, Supermaso, ispirato alla vicenda del giovane che aveva ucciso i genitori per intascare l'eredità.
In questo paese quando i fumetti raccontano la violenza della realtà suscitano quasi sempre aspre polemiche.
Probabilmente perchè dai fumetti ci si aspettano cose superficiali, al massimo del tenero intrattenimento per l'infanzia. Sicuramente il fumetto è anche un linguaggio "pregnante" che non può lasciare indifferenti i benpensanti. Certamente il fumetto in Italia è ancora un settore marginale (seppur in una fase di vivacità sul piano linguistico) con cui è facile prendersela contro e d'altro canto si porta ancora addosso un certo pregiudizio.
Insomma, il fumetto italiano è un pò come Calimero, tutti gli danno addosso, lui subisce, piagnucola un pò, ma non dovrebbe dimenticare che sono in tanti a volergli bene in fondo...

giovedì 23 settembre 2010

Giorgio Gaber

Ho sempre pensato la scrittura come esercizio della verità, anche quella per i fumetti, un'idea che mi viene dalle letture di Pier Paolo Pasolini, penso sopratutto ai brevi saggi raccolti nelle Lettere Luterane e negli Scritti corsari. Verità come qualcosa che nasce dalle cose che vedi e che tocchi con mano, che ascolti, di cui puoi sentire l'odore e il sapore. Senza preclusioni ideologiche. In libertà.
Tutto questo per dire che Giorgio Gaber è un genio.

Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Fare il bagno nella vasca è di destra far la doccia invece è di sinistra, un pacchetto di Marlboro è di destra di contrabbando è di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Una bella minestrina è di destra il minestrone è sempre di sinistra, quasi tutte le canzoni son di destra se annoiano son di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Le scarpette da ginnastica o da tennis hanno ancora un gusto un po' di destra, ma portarle tutte sporche e un po' slacciate è da scemi più che di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

I blue-jeans che sono un segno di sinistra con la giacca vanno verso destra, il concerto dello stadio è di sinistra mentre i prezzi sono un po' di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La patata per natura è di sinistra spappolata nel purè è di destra, la corsia del sorpasso è a sinistra

ma durante le elezioni è a destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La piscina bella azzurra e trasparente è evidente che sia un po' di destra, mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare son di merda più che sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia malgrado tutto credo ancora che ci sia, è la passione, l'ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa dove non si sa dove non si sa.

Io direi che il culatello è di destra la mortadella è di sinistra, quasi sempre il mal di testa è di destra

la colite invece è di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La tangente per natura è di destra col permesso di chi sta a sinistra, non si sa se la fortuna sia di destra ma la sfiga è sempre di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Il saluto vigoroso a pugno chiuso è un antico gesto di sinistra, quello un po' degli anni '20, un po' romano è da stronzi oltre che di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia non so se è un mito del passato o un'isteria, è il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c'è se c'è chissà dov'è se c'è chissà dov'è.

Canticchiar con la chitarra è di sinistra con il karaoke è di destra, i collant sono quasi sempre di sinistra il reggicalze è più che mai di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La risposta delle masse è di sinistra col destino di spostarsi a destra, son sicuro che il bastardo è di sinistra mentre il figlio di puttana è a destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Una donna emancipata è di sinistra riservata è già un po' più di destra, ma un figone resta sempre un'attrazione che va bene per sinistra e destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Destra-sinistra

Destra-sinistra

Destra-sinistra

Basta!

martedì 21 settembre 2010

Supervixens


Riprendo il racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto che Luca Patanè sta illustrando. Come avevo scritto il personaggio nasce con delle caratteristiche particolari, una visione schizofrenica delle cose, manie di grandezza e ossessioni persecutorie. Tutte robe che mi interessava molto raccontare ma che da sole non giustificavano, a mio modo di vedere, un racconto intero.
Così decisi che il personaggio avesse bisogno di un contesto narrativo adeguato alle esigenze espressive. Bisognava contaminare.
Iniziai a leggere un mucchio di romanzi
che pensavo fossero adatti per entrare nello spirito del tempo della storia che mi si formava in mente, delle cose che avevo da raccontare. La letteratura è sempre stato uno dei miei interessi. Avevo bisogno di allargare gli orizzonti, trovare stimoli e spunti per riflettere e elaborare idee, contaminare e giungere ad una visione di realtà sulla base di esperienze personali, seguendo un pò l'istinto, un pò le varie suggestioni che mi venivano suggerite dagli eventi che caratterizzano le cronache di questa, per dirla con Dante Alighieri, " non donna di province ma bordello" che è sempre stata l'Italia.
E però da un punto di vista che ritengo assai privilegiato, quello dell'isola: la Sicilia, un tempo caposaldo della Magna Grecia e ora ridotta a frontiera disastrata.
La questione mi fu chiara solo alla conclusione della stesura della sceneggiatura, allora non avevo ancora idea di che razza di percorso stavo iniziando a compiere. Ma sentivo che andava fatto. Senza compromessi.
Bene, l'immagine che ho scelto per questo post è la locandina di Supervixens, la pellicola di Russ Meyer, che s'intona con lo spirito di questo nuovo fumetto. Bene, il resto alla prossima!

giovedì 16 settembre 2010

Schizofrenia


Riprendo il filo del racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto che avevo iniziato a raccontare qui. Pratt in sogno mi aveva detto più o meno queste parole: scrivi qualcosa di tuo, prima che sia troppo tardi...
Sapevo che dentro Ti sto cercando e Nessun ricordo (sopratutto) c'era più di qualcosa di mio, tuttavia dovevo sforzarmi di andare ancora oltre.
A quel punto il mio cervello era inceppato, come autore non ho mai creduto nell'autobiografismo puro e non pensavo mi fosse accaduto mai nulla di così interessante da diventare universale e leggibile da altri... tuttavia valeva la pena rifletterci sopra.
Iniziai a passeggiare, per strada... mi aiuta a sgombrare la mente e a rimettere in moto la fantasia. Fu così che mi ritornò in mente un'esperienza che avevo vissuto qualche anno prima. Avevo collaborato ad un progetto didattico di tutorato per studenti disabili. Considerandomi evidentemente adatto al ruolo mi affidarono al sostegno di schizofrenici... Non mi va di dire proprio tutto ciò che vissi in quel periodo, sarebbe una mancanza di rispetto verso loro. Quello che mi sento di dire è che i quei momenti fu più quello che imparai su di me di ciò che potei insegnare. Oltretutto imparai a vedere le cose da una prospettiva diversa.
Tornato a casa dalla passeggiata mi resi conto che c'erano cose che valesse la pena raccontare a quel punto, prima che fosse troppo tardi e le avessi dimenticate. Decisi di riversarle in un personaggio che poi, non senza difficoltà, diventò il protagonista del nuovo fumetto. Il resto della storia la racconterò la prossima volta.
A proposito di Nessun ricordo invece, segnalo con piacere un ottimo articolo, "Frammenti di memorie", di Simone Rastelli pubblicato giusto ieri su LoSpazioBianco che parla di memoria e storia d'Italia rintracciando un filo rosso che lega Nessun Ricordo a Stalag XB di Marco Ficarra e La porta di Sion di Walter Chendi. Al di là del fatto che parla del mio fumetto, lo considero un ottimo esempio di approfondimento sui fumetti.

venerdì 10 settembre 2010

Mercanti

Rimando la continuazione del racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto per alcune riflessioni sulla cosidetta "crisi del fumetto". Leggendo un pò il dibattito tra i vari blog mi è venuto da pensare una cosa, sopratutto in riferimento alle vendite. Grossomodo esistono tre scuole di pensiero:
1) le vendite vanno bene
2) le vendite potrebbero andar meglio
3) il problema non esiste

Io penso che quando qualcuno nega un problema evidente a tutti è la prova definitiva che quel problema esiste.
Al tempo stesso sono convinto che ci sarà sempre qualcuno a cui conviene che le cose rimangano così come stanno, poichè avrà garantiti i suoi vantaggi, "piccoli, ma sempre vantaggi" per dirla con Michele Ginevra.
Allo stesso modo penso però che bisognerebbe spostare il problema a monte e chiedersi non quanto vendi ma: cosa vendi?
Poichè un conto è vendere un personaggio consolidato nell'immaginario collettivo (es. Tex, Diabolik o Topolino) un altro è vendere un "autore" con nome e cognome, che sopratutto agli inizi è pure uno sconosciuto.
Inoltre, un conto è vendere un pocket o un bonelloide nelle edicole (onnipresenti sul territorio) dove questi tipi di fumetti incontrano i loro lettori ideali (collezionisti appassionati e lettori occasionali in cerca di una lettura passatempo) in un contesto in cui sono radicati da decenni, un altro è vendere un libro a fumetti in una libreria dove secondo la mia esperienza il fumetto non è ancora pienamente radicato e valorizzato, sopratutto non è proposto nella maniera adeguata ai potenziali lettori che potrebbero avvicinarsi per le tematiche trattate (di cosa parla il libro?) o per una bella copertina. Certo, va curata anche la cultura e la conoscenza dell'autore (il più delle volte uno sconosciuto) e del fumetto come linguaggio.
Allora, in conclusione se in Italia il mercato è quello che è bisogna anche aggiungere che potrebbe anche essere diverso, volendo.
Se i libri a fumetti non vendono abbastanza da garantire investimenti e compensi più consistenti sarà forse perchè non sono proposti in maniera efficace?

Bisogna sapere vendere, poichè per tutto c'è un mercato. Basta saperci fare e proporsi adeguatamente. Ma io sono solo uno sceneggiatore, il mio compito è quello di scrivere buoni fumetti... Mercanti, non fate orecchie da mercante, capito?
(nell'immagine: un bel dipinto di scuola fiamminga ritraente una coppia di cambiavalute, se non erro di Quentin Massys, 1514).

giovedì 9 settembre 2010

Sogni

A volte mi viene chiesto da dove vengono le storie che scrivo e i personaggi che racconto... gran bella domanda! Di solito mugugno un pò, poi farfuglio qualche parola e rispondo che le storie sono intorno a noi e in qualche modo le acchiappo.
Una risposta sicuramente non esaustiva.
Non sono un autore di quelli che si mettono a tavolino e inventano una storia di sana pianta dal nulla.
Scrivo queste cose poichè ripensavo allo spunto di partenza della sceneggiatura del nuovo fumetto che sta illustrando Luca Patanè.
All'inizio ci sono stati i due sogni, fatti all'incirca un paio di anni fa, in cui ho visto Hugo Pratt.
Nel primo sogno mi trovavo in una convention di fumetti e incontravo Pratt. Nel sogno sapevo che era già morto ma ciò nonostante e con reverenza mi rivolgevo al Maestro mostrandogli il mio saggio Leggere Hugo Pratt. Mi guardava compiaciuto ma non disse nulla. Il sogno finì e non lasciò traccia se non la certezza che la mia passione per i fumetti di Pratt stava diventando una fissazione.
Nel secondo sogno
invece mi trovavo in un giardino e d'un tratto incontravo Pratt. Mi avvicinai remissivo. Il maestro mi lanciò un'occhiataccia e, adesso non ricordo bene le parole, ma mi allontanò dicedomi in buona sostanza che era occupato, dovevo smetterla di seccarlo e mettermi una buona volta a scrivere qualcosa di mio invece prima che fosse tardi. Mi svegliai e stavolta mi rimasero impresse quelle parole: prima che fosse tardi.
Prima che fosse tardi? In che senso?

Avevo già scritto due fumetti (Ti sto cercando e Nessun ricordo ), e ritenevo di aver riversato già qualcosa di mio in quelle storie... ma evidentemente non era abbastanza. Fu così che iniziai a riflettere circa le idee da cui nacque il nuovo soggetto. Per ora mi fermo qui, alla prossima continuerò col resto che riserverà altre sorprese. Il quadro (di scuola preraffaellita immagino, ma non sono riuscito a sapere altro) che ho scelto per questo post è un dipinto che raffigura Morfeo, il mitologico dio dei sogni.

lunedì 6 settembre 2010

Self portrait

Come dico da qualche tempo vorrei iniziare a parlare del nuovo fumetto in lavorazione con Luca Patanè.
Allo stesso tempo vorrei esporre anche un pò di mie idee sulla scrittura e la narrazione per cui ho scelto non a caso l'immagine accanto, quella di un autoritratto di Francis Bacon le cui idee relative alla rappresentazione della realtà trovo molto interessanti.
Per iniziare colgo l'occasione segnalando l'intervista che ho rilasciato solo pochi giorni fa per la Scuola di Editoria per il Fumetto e la Traduzione di Bologna con cui ho iniziato a collaborare.
_________________________

Cominciamo dalle cose importanti. Su cosa stai lavorando? Ci sono novità per i prossimi mesi?
Ho finito da poco la stesura della sceneggiatura di un romanzo a fumetti che Luca Patanè ha iniziato a illustrare. Si tratta di una storia particolare nata da alcune idee che avevo in testa almeno da un paio di anni e che ho dovuto elaborare e rielaborare più volte prima di sciogliere tutti i nodi, tanto che a breve inizierò a parlarne sul mio blog.

Se è una storia così «vissuta», sarà qualcosa di molto intimo. Ma di cosa parla e da cosa nasce?
Nessuno forse mi crederà. Potrebbe sembrare assurdo, ma all’origine ci sono due sogni che ho fatto in cui c’era Hugo Pratt. Oltre che essere un appassionato lettore dei suoi fumetti, nel 2006 ho pure pubblicato un saggio monografico sul legame tra letteratura e fumetto nell’opera prattiana e lo conosco particolarmente bene. Nel secondo sogno Pratt mi disse che era ora che scrivessi qualcosa di mio, che sentissi veramente di raccontare. Allora avevo appena finito di scrivere la sceneggiatura di Nessun ricordo, una storia in cui avevo già riversato molto di vissuto. A quel punto mi misi a riflettere. C’era qualcos’altro che volevo raccontare, in effetti. Tempo prima per un progetto didattico di sostegno avevo lavorato a fianco di studenti schizofrenici. L’idea di riportare quell’esperienza per intero mi ripugnava, sarebbe stata una mancanza di rispetto a mio parere, però c’erano cose che valeva la pena di raccontare. Fu così che iniziai a scrivere la storia del protagonista del nuovo fumetto, nel tentativo, spero riuscito, di mettere nel fumetto un protagonista con una visione della realtà molto diversa dal solito.

Il resto dell'intervista potete leggerla cliccando qui.

venerdì 3 settembre 2010

Riserve indiane


Ritorno sull'argomento della cosidetta crisi del fumetto per alcuni chiarimenti e altri pensieri, sollecitato da alcuni amici che non capivano bene a cosa mi riferissi. Cercherò di essere chiaro e sintetico quanto possibile.
Leggo fumetti dall'età di cinque anni e grossomodo la cantilena è sempre stata la medesima. Tuttavia da quando opero professionalmente nel settore (quattro anni) nelle vesti di saggista e soggettista & sceneggiatore, ho avuto modo di vedere la questione dal di dentro. Come dicevo l'altro ieri il mio è un punto di vista particolare sulla questione, poichè vivere esclusivamente di fumetto non è mai stato un mio obiettivo. Ho sempre saputo che in Italia il mercato non consente di queste fantasticherie. Ma ho una laurea e pure un master. Per vivere faccio altri lavori, non è un problema. Scrivo solo nella misura in cui ho qualcosa da dire e una storia da raccontare.
Ma veniamo alla questione.
Il problema delle basse royalties: per chi non lo sapesse le royalties sono le percentuali sul prezzo di copertina che gli editori riconoscono come da regolare contratto agli autori. Ebbene, per chi come me è autore di libri diretti al mercato delle librerie specializzate (le cosidette fumetterie) e di varia (le librerie "tradizionali") si tratta di percentuali basse (sopratutto se rapportate ai tempi di lavorazione di un libro e alle risorse intellettuali necessarie e a tutto il resto). Gli editori dal canto loro non hanno tutti i torti, tra spese di impaginazione, stampa e distribuzione a fronte di un numero di copie vendute che mediamente si attesta tra le 500 e le 1000 copie su 15oo di tiratura in genere e ovvio che non possono darti molto di più. In sintesi guadagni in proporzione a quante copie vendi.
Di conseguenza per avere royalties maggiori bisogna fare in modo che i fumetti in libreria siano più competitivi. A mio modo di vedere si potrebbe intanto cercare di migliorare la distribuzione e la promozione dei libri a fumetti. Migliorare sulla commercializzazione dei diritti (penso ad esempio al cinema e alla televisione: è mai possibile che mentre decine di romanzi italiani finiscono al cinema tanti fumetti che pur meriterebbero di passare sul grande schermo vengono ignorati da registi e produttori?).
Certo, anche noi autori dovremo fare la nostra parte cercando di migliorare il nostro lavoro, renderlo più interessante, osare nei linguaggi e nei contenuti, nel racconto della realtà affinché il fumetto possa interessare più lettori di quelli che abitualmente leggono fumetti: uscire dalla riserva indiana, dal ghetto culturale in cui i fumetti sono stati da sempre relegati nel nostro paese.
Dall'altro canto però si registra un generale calo di lettori. A cosa sarà dovuto? Secondo me in primis alla stagnazione dell'economia nel nostro paese che costringe a ridurre i consumi (anche quelli di libri). Su questo versante noi non possiamo intervenire. Ma anche alla scarsa visibilità di cui godono i libri a fumetti rispetto al resto della produzione libraria (che non sta nemmeno tanto bene). Basta sfogliare i giornali e visitare le librerie. Pochissime le rubriche dedicate ai libri a fumetti. Rari i consigli di lettura sul fumetto nei grandi quotidiani. Per rendere l'idea fate un confronto col cinema.
In libreria i fumetti sono spesso esposti male, e solo poche etichette riescono a raggiungere un numero veramente significativo di punti vendita. Gran parte dei fumetti si vendono alle fiere.
Una soluzione al problema per molti autori diventa rivolgersi al mercato estero (Francia e Stati Uniti su tutti, a volte il Giappone addirittura). Altri come me fanno anche altre professioni pur continuando a pubblicare di tanto in tanto.
Non sono nato ieri, so che probabilmente per tutta una serie di motivi, legati sopratutto alla presenza di soggetti in campo con interessi diversi, difficilmente si riuscirà a intervenire, ma vale la pena almeno confrontarsi, secondo me.
E con questo credo di chiudere l'argomento, se ne riparlerà a Lucca, perchè la prossima volta voglio parlare del nuovo fumetto.