martedì 28 settembre 2010

Aristoteles

Quando si costruisce il racconto di una storia possono accadere le cose più strane, può succedere ad esempio di trovare all'interno della trama personaggi, ambienti, suggestioni dalla provenienza più disparata.
Leggi un libro e un dato personaggio finisce per ispirartene un altro che inserirai nella tua storia. Ascolti un disco e una determinata atmosfera che inseguivi senza riuscire ad afferrarla prende corpo nella tua mente e la riversi su carta. Vai al cinema e una sequenza ti riporta alla mente un fatto che ti è capitato quand'eri bambino e che finirà per servirti da antefatto per un determinato evento del racconto a cui stai lavorando.
Poi fai una passeggiata e ripensi alla tua storia, ai punti che rimangono ingarbugliati finchè all'improvviso ascolti uno scambio di battute tra due passanti e il dubbio inizia a sciogliersi.
C'è pure qualcosa di più curioso che può capitare.
Ad esempio, nell'immagine in alto vedete ritratti un ruspante Lino Banfi (alias Oronzo Canà, allenatore della Longobarda) e il longilineo Urs Althaus (alter ego di Aristoteles, fantasista brasiliano della squadra). Alle loro spalle l'ex duo comico Gigi & Andrea, molto popolare negli anni '80, che nella pellicola del 1984 interpretavano rispettivamente Giginho, improbabile cacciatore di talenti, e Andrea Bergonzoni, disinvolto procuratore di assi brasiliani. Tutti protagonisti del leggendario film intitolato L'allenatore nel pallone.
Bene, tempo fa rivendendo Il nome della rosa, il film del 1986 di Jean-Jacques Annaud ispirato all'omonimo romanzo di Umberto Eco, mi rendo conto di vedere tra i frati un volto noto... quello di Urs Althaus, già nel ruolo del calciatore Aristoteles, che interpreta il personaggio di Frate Venanzio, un monaco che traduce dal greco antico i testi del filosofo Aristoteles!
Nell'immagine potete vederlo indossare sul set i panni del Frate accanto a Sean Connery che nella pellicola interpreta Frate Guglielmo da Baskerville (altra citazione da Il mastino dei Baskerville con Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle).
Esempi unici di inside jokes, cioè citazioni di spirito comprese e colte soltanto da una ristretta elite di nerd... altro che Apocalittici e integrati!

venerdì 24 settembre 2010

Calimero

Tra le varie questioni che animano il dibattito intorno ai fumetti in Italia c'è quella realtiva al romanzo a fumetti, noto sopratutto col termine graphic novel, contrapposto al fumetto, come se le due parole possano stare in antitesi... sarebbe come contrapporre western all'italiana a cinema... o romanzo noir a letteratura... una stupidata.
Ripeto quanto scritto altrove e affermato durante gli incontri dei vari laboratori di fumetto che negli anni ho curato: la polemica non ha senso, la discussione è pretestuosa, finalizzata a gerarchizzare e ghettizzare opere, autori e lettori al limite dell'autolesionismo masochista.
Per me graphic novel sta come pocket, albo bonelliano, comic book, strip o striscia che dir si voglia, album cartonato alla francese... giornaletti.. sono categorie merceologiche e al tempo stesso tipi di fumetto con linguaggi caratteristici propri. Stop.
Il fumetto resta sempre un mezzo espressivo. I fumetti sono fumetti e basta.
Ma non finisce qui.
In Italia c'è pure un altro sport nazionale che di tanto in tanto si pratica: additare ai fumetti l'origine primigenia di ogni tipo di nefandezza (es. omicidi, satanismo, violenza)... Qualcuno ricorderà le polemiche suscitate da quel numero di Alan Ford in cui si faceva rifermento ai delitti di Novi Ligure o al clamore dell'ottimo fumetto di Paolo Bacilieri, Supermaso, ispirato alla vicenda del giovane che aveva ucciso i genitori per intascare l'eredità.
In questo paese quando i fumetti raccontano la violenza della realtà suscitano quasi sempre aspre polemiche.
Probabilmente perchè dai fumetti ci si aspettano cose superficiali, al massimo del tenero intrattenimento per l'infanzia. Sicuramente il fumetto è anche un linguaggio "pregnante" che non può lasciare indifferenti i benpensanti. Certamente il fumetto in Italia è ancora un settore marginale (seppur in una fase di vivacità sul piano linguistico) con cui è facile prendersela contro e d'altro canto si porta ancora addosso un certo pregiudizio.
Insomma, il fumetto italiano è un pò come Calimero, tutti gli danno addosso, lui subisce, piagnucola un pò, ma non dovrebbe dimenticare che sono in tanti a volergli bene in fondo...

giovedì 23 settembre 2010

Giorgio Gaber

Ho sempre pensato la scrittura come esercizio della verità, anche quella per i fumetti, un'idea che mi viene dalle letture di Pier Paolo Pasolini, penso sopratutto ai brevi saggi raccolti nelle Lettere Luterane e negli Scritti corsari. Verità come qualcosa che nasce dalle cose che vedi e che tocchi con mano, che ascolti, di cui puoi sentire l'odore e il sapore. Senza preclusioni ideologiche. In libertà.
Tutto questo per dire che Giorgio Gaber è un genio.

Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Fare il bagno nella vasca è di destra far la doccia invece è di sinistra, un pacchetto di Marlboro è di destra di contrabbando è di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Una bella minestrina è di destra il minestrone è sempre di sinistra, quasi tutte le canzoni son di destra se annoiano son di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Le scarpette da ginnastica o da tennis hanno ancora un gusto un po' di destra, ma portarle tutte sporche e un po' slacciate è da scemi più che di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

I blue-jeans che sono un segno di sinistra con la giacca vanno verso destra, il concerto dello stadio è di sinistra mentre i prezzi sono un po' di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La patata per natura è di sinistra spappolata nel purè è di destra, la corsia del sorpasso è a sinistra

ma durante le elezioni è a destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La piscina bella azzurra e trasparente è evidente che sia un po' di destra, mentre i fiumi, tutti i laghi e anche il mare son di merda più che sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia malgrado tutto credo ancora che ci sia, è la passione, l'ossessione della tua diversità che al momento dove è andata non si sa dove non si sa dove non si sa.

Io direi che il culatello è di destra la mortadella è di sinistra, quasi sempre il mal di testa è di destra

la colite invece è di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La tangente per natura è di destra col permesso di chi sta a sinistra, non si sa se la fortuna sia di destra ma la sfiga è sempre di sinistra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Il saluto vigoroso a pugno chiuso è un antico gesto di sinistra, quello un po' degli anni '20, un po' romano è da stronzi oltre che di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

L'ideologia, l'ideologia non so se è un mito del passato o un'isteria, è il continuare ad affermare un pensiero e il suo perché con la scusa di un contrasto che non c'è se c'è chissà dov'è se c'è chissà dov'è.

Canticchiar con la chitarra è di sinistra con il karaoke è di destra, i collant sono quasi sempre di sinistra il reggicalze è più che mai di destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

La risposta delle masse è di sinistra col destino di spostarsi a destra, son sicuro che il bastardo è di sinistra mentre il figlio di puttana è a destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Una donna emancipata è di sinistra riservata è già un po' più di destra, ma un figone resta sempre un'attrazione che va bene per sinistra e destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Tutti noi ce la prendiamo con la storia ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra.

Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...Ma cos'è la destra, cos'è la sinistra...

Destra-sinistra

Destra-sinistra

Destra-sinistra

Basta!

martedì 21 settembre 2010

Supervixens


Riprendo il racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto che Luca Patanè sta illustrando. Come avevo scritto il personaggio nasce con delle caratteristiche particolari, una visione schizofrenica delle cose, manie di grandezza e ossessioni persecutorie. Tutte robe che mi interessava molto raccontare ma che da sole non giustificavano, a mio modo di vedere, un racconto intero.
Così decisi che il personaggio avesse bisogno di un contesto narrativo adeguato alle esigenze espressive. Bisognava contaminare.
Iniziai a leggere un mucchio di romanzi
che pensavo fossero adatti per entrare nello spirito del tempo della storia che mi si formava in mente, delle cose che avevo da raccontare. La letteratura è sempre stato uno dei miei interessi. Avevo bisogno di allargare gli orizzonti, trovare stimoli e spunti per riflettere e elaborare idee, contaminare e giungere ad una visione di realtà sulla base di esperienze personali, seguendo un pò l'istinto, un pò le varie suggestioni che mi venivano suggerite dagli eventi che caratterizzano le cronache di questa, per dirla con Dante Alighieri, " non donna di province ma bordello" che è sempre stata l'Italia.
E però da un punto di vista che ritengo assai privilegiato, quello dell'isola: la Sicilia, un tempo caposaldo della Magna Grecia e ora ridotta a frontiera disastrata.
La questione mi fu chiara solo alla conclusione della stesura della sceneggiatura, allora non avevo ancora idea di che razza di percorso stavo iniziando a compiere. Ma sentivo che andava fatto. Senza compromessi.
Bene, l'immagine che ho scelto per questo post è la locandina di Supervixens, la pellicola di Russ Meyer, che s'intona con lo spirito di questo nuovo fumetto. Bene, il resto alla prossima!

giovedì 16 settembre 2010

Schizofrenia


Riprendo il filo del racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto che avevo iniziato a raccontare qui. Pratt in sogno mi aveva detto più o meno queste parole: scrivi qualcosa di tuo, prima che sia troppo tardi...
Sapevo che dentro Ti sto cercando e Nessun ricordo (sopratutto) c'era più di qualcosa di mio, tuttavia dovevo sforzarmi di andare ancora oltre.
A quel punto il mio cervello era inceppato, come autore non ho mai creduto nell'autobiografismo puro e non pensavo mi fosse accaduto mai nulla di così interessante da diventare universale e leggibile da altri... tuttavia valeva la pena rifletterci sopra.
Iniziai a passeggiare, per strada... mi aiuta a sgombrare la mente e a rimettere in moto la fantasia. Fu così che mi ritornò in mente un'esperienza che avevo vissuto qualche anno prima. Avevo collaborato ad un progetto didattico di tutorato per studenti disabili. Considerandomi evidentemente adatto al ruolo mi affidarono al sostegno di schizofrenici... Non mi va di dire proprio tutto ciò che vissi in quel periodo, sarebbe una mancanza di rispetto verso loro. Quello che mi sento di dire è che i quei momenti fu più quello che imparai su di me di ciò che potei insegnare. Oltretutto imparai a vedere le cose da una prospettiva diversa.
Tornato a casa dalla passeggiata mi resi conto che c'erano cose che valesse la pena raccontare a quel punto, prima che fosse troppo tardi e le avessi dimenticate. Decisi di riversarle in un personaggio che poi, non senza difficoltà, diventò il protagonista del nuovo fumetto. Il resto della storia la racconterò la prossima volta.
A proposito di Nessun ricordo invece, segnalo con piacere un ottimo articolo, "Frammenti di memorie", di Simone Rastelli pubblicato giusto ieri su LoSpazioBianco che parla di memoria e storia d'Italia rintracciando un filo rosso che lega Nessun Ricordo a Stalag XB di Marco Ficarra e La porta di Sion di Walter Chendi. Al di là del fatto che parla del mio fumetto, lo considero un ottimo esempio di approfondimento sui fumetti.

venerdì 10 settembre 2010

Mercanti

Rimando la continuazione del racconto su come è nato il soggetto del nuovo fumetto per alcune riflessioni sulla cosidetta "crisi del fumetto". Leggendo un pò il dibattito tra i vari blog mi è venuto da pensare una cosa, sopratutto in riferimento alle vendite. Grossomodo esistono tre scuole di pensiero:
1) le vendite vanno bene
2) le vendite potrebbero andar meglio
3) il problema non esiste

Io penso che quando qualcuno nega un problema evidente a tutti è la prova definitiva che quel problema esiste.
Al tempo stesso sono convinto che ci sarà sempre qualcuno a cui conviene che le cose rimangano così come stanno, poichè avrà garantiti i suoi vantaggi, "piccoli, ma sempre vantaggi" per dirla con Michele Ginevra.
Allo stesso modo penso però che bisognerebbe spostare il problema a monte e chiedersi non quanto vendi ma: cosa vendi?
Poichè un conto è vendere un personaggio consolidato nell'immaginario collettivo (es. Tex, Diabolik o Topolino) un altro è vendere un "autore" con nome e cognome, che sopratutto agli inizi è pure uno sconosciuto.
Inoltre, un conto è vendere un pocket o un bonelloide nelle edicole (onnipresenti sul territorio) dove questi tipi di fumetti incontrano i loro lettori ideali (collezionisti appassionati e lettori occasionali in cerca di una lettura passatempo) in un contesto in cui sono radicati da decenni, un altro è vendere un libro a fumetti in una libreria dove secondo la mia esperienza il fumetto non è ancora pienamente radicato e valorizzato, sopratutto non è proposto nella maniera adeguata ai potenziali lettori che potrebbero avvicinarsi per le tematiche trattate (di cosa parla il libro?) o per una bella copertina. Certo, va curata anche la cultura e la conoscenza dell'autore (il più delle volte uno sconosciuto) e del fumetto come linguaggio.
Allora, in conclusione se in Italia il mercato è quello che è bisogna anche aggiungere che potrebbe anche essere diverso, volendo.
Se i libri a fumetti non vendono abbastanza da garantire investimenti e compensi più consistenti sarà forse perchè non sono proposti in maniera efficace?

Bisogna sapere vendere, poichè per tutto c'è un mercato. Basta saperci fare e proporsi adeguatamente. Ma io sono solo uno sceneggiatore, il mio compito è quello di scrivere buoni fumetti... Mercanti, non fate orecchie da mercante, capito?
(nell'immagine: un bel dipinto di scuola fiamminga ritraente una coppia di cambiavalute, se non erro di Quentin Massys, 1514).

giovedì 9 settembre 2010

Sogni

A volte mi viene chiesto da dove vengono le storie che scrivo e i personaggi che racconto... gran bella domanda! Di solito mugugno un pò, poi farfuglio qualche parola e rispondo che le storie sono intorno a noi e in qualche modo le acchiappo.
Una risposta sicuramente non esaustiva.
Non sono un autore di quelli che si mettono a tavolino e inventano una storia di sana pianta dal nulla.
Scrivo queste cose poichè ripensavo allo spunto di partenza della sceneggiatura del nuovo fumetto che sta illustrando Luca Patanè.
All'inizio ci sono stati i due sogni, fatti all'incirca un paio di anni fa, in cui ho visto Hugo Pratt.
Nel primo sogno mi trovavo in una convention di fumetti e incontravo Pratt. Nel sogno sapevo che era già morto ma ciò nonostante e con reverenza mi rivolgevo al Maestro mostrandogli il mio saggio Leggere Hugo Pratt. Mi guardava compiaciuto ma non disse nulla. Il sogno finì e non lasciò traccia se non la certezza che la mia passione per i fumetti di Pratt stava diventando una fissazione.
Nel secondo sogno
invece mi trovavo in un giardino e d'un tratto incontravo Pratt. Mi avvicinai remissivo. Il maestro mi lanciò un'occhiataccia e, adesso non ricordo bene le parole, ma mi allontanò dicedomi in buona sostanza che era occupato, dovevo smetterla di seccarlo e mettermi una buona volta a scrivere qualcosa di mio invece prima che fosse tardi. Mi svegliai e stavolta mi rimasero impresse quelle parole: prima che fosse tardi.
Prima che fosse tardi? In che senso?

Avevo già scritto due fumetti (Ti sto cercando e Nessun ricordo ), e ritenevo di aver riversato già qualcosa di mio in quelle storie... ma evidentemente non era abbastanza. Fu così che iniziai a riflettere circa le idee da cui nacque il nuovo soggetto. Per ora mi fermo qui, alla prossima continuerò col resto che riserverà altre sorprese. Il quadro (di scuola preraffaellita immagino, ma non sono riuscito a sapere altro) che ho scelto per questo post è un dipinto che raffigura Morfeo, il mitologico dio dei sogni.

lunedì 6 settembre 2010

Self portrait

Come dico da qualche tempo vorrei iniziare a parlare del nuovo fumetto in lavorazione con Luca Patanè.
Allo stesso tempo vorrei esporre anche un pò di mie idee sulla scrittura e la narrazione per cui ho scelto non a caso l'immagine accanto, quella di un autoritratto di Francis Bacon le cui idee relative alla rappresentazione della realtà trovo molto interessanti.
Per iniziare colgo l'occasione segnalando l'intervista che ho rilasciato solo pochi giorni fa per la Scuola di Editoria per il Fumetto e la Traduzione di Bologna con cui ho iniziato a collaborare.
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Cominciamo dalle cose importanti. Su cosa stai lavorando? Ci sono novità per i prossimi mesi?
Ho finito da poco la stesura della sceneggiatura di un romanzo a fumetti che Luca Patanè ha iniziato a illustrare. Si tratta di una storia particolare nata da alcune idee che avevo in testa almeno da un paio di anni e che ho dovuto elaborare e rielaborare più volte prima di sciogliere tutti i nodi, tanto che a breve inizierò a parlarne sul mio blog.

Se è una storia così «vissuta», sarà qualcosa di molto intimo. Ma di cosa parla e da cosa nasce?
Nessuno forse mi crederà. Potrebbe sembrare assurdo, ma all’origine ci sono due sogni che ho fatto in cui c’era Hugo Pratt. Oltre che essere un appassionato lettore dei suoi fumetti, nel 2006 ho pure pubblicato un saggio monografico sul legame tra letteratura e fumetto nell’opera prattiana e lo conosco particolarmente bene. Nel secondo sogno Pratt mi disse che era ora che scrivessi qualcosa di mio, che sentissi veramente di raccontare. Allora avevo appena finito di scrivere la sceneggiatura di Nessun ricordo, una storia in cui avevo già riversato molto di vissuto. A quel punto mi misi a riflettere. C’era qualcos’altro che volevo raccontare, in effetti. Tempo prima per un progetto didattico di sostegno avevo lavorato a fianco di studenti schizofrenici. L’idea di riportare quell’esperienza per intero mi ripugnava, sarebbe stata una mancanza di rispetto a mio parere, però c’erano cose che valeva la pena di raccontare. Fu così che iniziai a scrivere la storia del protagonista del nuovo fumetto, nel tentativo, spero riuscito, di mettere nel fumetto un protagonista con una visione della realtà molto diversa dal solito.

Il resto dell'intervista potete leggerla cliccando qui.

venerdì 3 settembre 2010

Riserve indiane


Ritorno sull'argomento della cosidetta crisi del fumetto per alcuni chiarimenti e altri pensieri, sollecitato da alcuni amici che non capivano bene a cosa mi riferissi. Cercherò di essere chiaro e sintetico quanto possibile.
Leggo fumetti dall'età di cinque anni e grossomodo la cantilena è sempre stata la medesima. Tuttavia da quando opero professionalmente nel settore (quattro anni) nelle vesti di saggista e soggettista & sceneggiatore, ho avuto modo di vedere la questione dal di dentro. Come dicevo l'altro ieri il mio è un punto di vista particolare sulla questione, poichè vivere esclusivamente di fumetto non è mai stato un mio obiettivo. Ho sempre saputo che in Italia il mercato non consente di queste fantasticherie. Ma ho una laurea e pure un master. Per vivere faccio altri lavori, non è un problema. Scrivo solo nella misura in cui ho qualcosa da dire e una storia da raccontare.
Ma veniamo alla questione.
Il problema delle basse royalties: per chi non lo sapesse le royalties sono le percentuali sul prezzo di copertina che gli editori riconoscono come da regolare contratto agli autori. Ebbene, per chi come me è autore di libri diretti al mercato delle librerie specializzate (le cosidette fumetterie) e di varia (le librerie "tradizionali") si tratta di percentuali basse (sopratutto se rapportate ai tempi di lavorazione di un libro e alle risorse intellettuali necessarie e a tutto il resto). Gli editori dal canto loro non hanno tutti i torti, tra spese di impaginazione, stampa e distribuzione a fronte di un numero di copie vendute che mediamente si attesta tra le 500 e le 1000 copie su 15oo di tiratura in genere e ovvio che non possono darti molto di più. In sintesi guadagni in proporzione a quante copie vendi.
Di conseguenza per avere royalties maggiori bisogna fare in modo che i fumetti in libreria siano più competitivi. A mio modo di vedere si potrebbe intanto cercare di migliorare la distribuzione e la promozione dei libri a fumetti. Migliorare sulla commercializzazione dei diritti (penso ad esempio al cinema e alla televisione: è mai possibile che mentre decine di romanzi italiani finiscono al cinema tanti fumetti che pur meriterebbero di passare sul grande schermo vengono ignorati da registi e produttori?).
Certo, anche noi autori dovremo fare la nostra parte cercando di migliorare il nostro lavoro, renderlo più interessante, osare nei linguaggi e nei contenuti, nel racconto della realtà affinché il fumetto possa interessare più lettori di quelli che abitualmente leggono fumetti: uscire dalla riserva indiana, dal ghetto culturale in cui i fumetti sono stati da sempre relegati nel nostro paese.
Dall'altro canto però si registra un generale calo di lettori. A cosa sarà dovuto? Secondo me in primis alla stagnazione dell'economia nel nostro paese che costringe a ridurre i consumi (anche quelli di libri). Su questo versante noi non possiamo intervenire. Ma anche alla scarsa visibilità di cui godono i libri a fumetti rispetto al resto della produzione libraria (che non sta nemmeno tanto bene). Basta sfogliare i giornali e visitare le librerie. Pochissime le rubriche dedicate ai libri a fumetti. Rari i consigli di lettura sul fumetto nei grandi quotidiani. Per rendere l'idea fate un confronto col cinema.
In libreria i fumetti sono spesso esposti male, e solo poche etichette riescono a raggiungere un numero veramente significativo di punti vendita. Gran parte dei fumetti si vendono alle fiere.
Una soluzione al problema per molti autori diventa rivolgersi al mercato estero (Francia e Stati Uniti su tutti, a volte il Giappone addirittura). Altri come me fanno anche altre professioni pur continuando a pubblicare di tanto in tanto.
Non sono nato ieri, so che probabilmente per tutta una serie di motivi, legati sopratutto alla presenza di soggetti in campo con interessi diversi, difficilmente si riuscirà a intervenire, ma vale la pena almeno confrontarsi, secondo me.
E con questo credo di chiudere l'argomento, se ne riparlerà a Lucca, perchè la prossima volta voglio parlare del nuovo fumetto.

mercoledì 1 settembre 2010

Servi della gleba


Riprendo a scrivere sul blog dopo un lungo periodo di latitanza. Nelle ultime settimane infuoca il dibattito a proposito della tavola rotonda sulle problematiche del mondo del fumetto che si sta organizzando per la prossima Lucca Comics.
Non è facile seguirne gli sviluppi, bisogna districarsi e saltellare tra una serie di blog, principalmente quelli di Claudio Stassi, Michele Ginevra, Luca Boschi e Michele Petrucci, ma interessanti sono pure gli interventi sui blog di Diego Cajelli, Marco Ficarra e Fabio Lai (chiedo venia agli eventuali blogger non citati!). Da quelle parti ho pure detto la mia e vorrei adesso tirare le fila dei miei ragionamenti circa la situazione.
Il mio è un punto di vista particolare, a differenza di altri soggetti in campo non ho avuto mai l'obiettivo di vivere esclusivamente delle mie attività legate al fumetto. Scrivo fumetti solo quando ne avverto la necessità, nella misura in cui ho qualcosa da dire, una storia da raccontare. La libertà ha un prezzo: per vivere faccio altri lavori. Mi sta benissimo. In questo senso mi sento vicino alle posizioni espresse tempo fa da Ausonia.
Penso anche che se per vivere fai altro non significa che puoi affrontare l'attività del fumetto in maniera non professionale o che gli editori o altri addetti ai lavori possano permettersi di agire in maniera scorretta non riconoscendo i miei diritti o che non si debba intervenire per migliorare le cose.
Penso che l'autore di fumetti sia un libero professionista e che il suo guadagno dipenda dal mercato che riesce a conquistarsi. Anche chi nella vita non fa solo fumetti per vivere, come me.
Chi ha letto i miei fumetti sa benissimo che il genere di storie che scrivo e il linguaggio che utilizzo è diretto non solo a chi possiede già una certa familiarità col fumetto, ma anche a chi non legge fumetti, cercando di attirare appassionati di letteratura e narrativa. Almeno, queste sono le mie intenzioni. Cerco di scrivere cercando di arrivare a quanti più lettori possibile.
Non parlo del settore delle edicole, del fumetto seriale e del calo delle loro vendite perchè è un mercato in cui non sono presente. Immagino che saranno altri a fare proposte utili in tal senso.
Ad ogni modo, il calo di lettori e le basse royalties, principali malesseri del fumetto in libreria, dal mio punto di vista andrebbero affrontati sul terreno della distribuzione, delle librerie, della promozione e della comunicazione con l'obiettivo di stimolare l'acquisto di fumetti.
Sul versante degli autori invece: personalmente essendo cresciuto leggendo fumetti di ogni tipo non ho certi pregiudizi, nemmeno preclusioni di genere, ho letto di tutto, ma se vogliamo conquistare nuovi lettori in libreria dobbiamo uscire dalla "riserva indiana" e sperimentare segni e linguaggi nuovi che sappiano raccontare la realtà e rivolgersi non solo agli appassionati di fumetti ma come dicevo anche ad altri nuovi lettori.
Editori, distributori e librai dovranno elaborare soluzioni finalizzate ad un miglioramento dei canali commerciali del fumetto in libreria: poichè se gli editori stampano un bel libro a fumetti e poi lo vengono a sapere solo quattro gatti e si riesce a reperire a malapena (in librerie dove magari i libri a fumetti vengono relegati nell'angolo più buio e penalizzando le copertine): come si fa in queste condizioni ad attirare nuovi lettori? Certo, bisognerà anche intervenire sul piano culturale: promuovere la lettura dei fumetti.
Ad esempio: manifestazioni come BilBolBul e la proposta delle letture pubbliche di fumetti.
Infine, il mio auspicio è che da questo confronto venga fuori un documento condiviso, un programma di proposte con pochi ma chiari punti su cui sollecitare interventi. I soggetti in campo sono tanti e con obiettivi spesso diversi, ma tentar non nuoce.
P.S. A breve vi parlerò del mio nuovo fumetto in lavorazione.