mercoledì 30 novembre 2011

Niente da capire

Scorrendo le letture di quest'anno mi accorgo di aver letto più raccolte di racconti del solito. In genere leggo romanzi. Forse inseguendo l'idea del romanzo come "viaggio dell'eroe" mi illudo di prendermi una lunga vacanza dalla vita assieme al protagonista e vivere con lui il lungo e tortuoso percorso, dall'inizio e attraverso il romanzo fino al finale (e invece no, perchè dentro i libri ci si tira appresso anche la propria vita. Sempre. ) In questo senso i racconti sono come delle gite domenicali, passeggiate appena fuoriporta che di tanto in tanto regalano uno scorcio inedito, un sussulto inaspettato.
Tra le raccolte lette quest'anno c'è Niente da capire di Luigi Bernardi (Perdisa Pop, 2011). Si tratta di tredici racconti con protagonista una magistrata inquirente, Antonia Monanni. Tredici finestre sull'esistenza di una donna. Tredici casi criminali.
I generi spesso sono etichette buone per il marketing, tuttavia i critici assegnerebbero a questi racconti l'etichetta "noir". Siccome sono abituato a considerare solo due categorie di libri, quelli belli e quelli brutti, vi dirò perchè secondo me questi racconti sono belli.
Bernardi come un chirurgo si insinua nelle viscere della realtà e la riporta in superficie. Una scrittura asciutta, cruda e senza fronzoli. Un mondo dove i conti della massaia non tornano. C'è qualcosa che si perde, qualcosa che si aggiunge e nulla è sotto controllo. "Le persone hanno disinparato a vivere". Tutto scorre. Entropia. E per una volta la protagonista è una donna vera. Intelligente e sincera. Muove simpatia senza ammiccare per un solo attimo al lettore. Bisogna conoscere bene le donne per riuscire a raccontarle così. Bello infine l'omaggio nascosto a Giorgio Scerbanenco, un elemento in apparenza innocuo che, come la lettera rubata di Edgar A. Poe, a chi sa guardare oltre le apparenze rivela l'ascendenza di queste tredici scritture. Bene, se vi capitassero sottomano leggetele.

lunedì 28 novembre 2011

I Fantastici Quattro: 1961-2011

Quest'anno ricorre il cinquantennale dei Fantastici Quattro di Stan Lee e Jack Kirby! Il quartetto più famoso al mondo dopo i Beatles nasce infatti nel 1961 dando contemporaneamente vita al Marvel Universe che ancora oggi ci regala grandi storie. I Fantastici Quattro segnarono l'inizio di un nuovo modo di fare fumetti.
Io ho celebrato l'evento a modo mio... rileggendo i primi storici episodi di Lee & Kirby (in una ristampa italiana degli anni novanta), cui ho fatto seguire la lettura di una gran bella saga del quartetto risalente agli anni settanta con dentro grandi autori come Marv Wolfman, Keith Pollard, John Byrne e Joe Sinnot, conosciuto come "il ciclo della Sfinge". Ah! Che goduria! Che Meraviglia! Marvel, appunto.
Incredibile come storie così datate mantengano ancora un fascino e una freschezza inalterati. Dialoghi brillanti, disegni dinamici ed espressivi. Accattivanti. Trame mozzafiato, avventurose, ironiche e ricche di colpi di scena. Si, forse ad una lettura critica alcuni passaggi potrebbero sembrare naif oggigiorno, ma sapete una cosa? Chi se ne frega! Ad avercene ancora oggi di letture così belle...
Lo Spazio Bianco in questi giorni sta celebrando il compleanno dei Fantastici Quattro con un'iniziativa originale: ridisegnare il primo numero tavola per tavola con contributi di vari disegnatori. Qui potete vedere i vari lavori. Mentre qua vengono raccolti una serie di contributi scritti. Excelsior!

venerdì 25 novembre 2011

Fumetto è passione

Qui accanto, l'ultima domanda che Antonio Rubinetti pone a Gigi Simeoni per un'intervista pubblicata alle pagine 14 e 15 di Fumo di China 196 (Settembre 2011).
Gigi Simeoni, in arte Sime, è un autore di fumetti, uno che li scrive e li disegna. Uno che ha la bravura, la caparbietà e la fortuna di vivere di fumetti. Ricordo le ottime prove che offriva su Hammer - eh! i più giovani non sanno cosa si sono persi!
Non ho letto i suoi ultimi lavori (Gli occhi e il buio, Stria) poichè non riesco a leggere tutto ciò che vorrei... ma ne ho sentito parlare un gran bene. Su wikipedia c'è una pagina a lui dedicata, per quanti volessero curiosare oltre ha pure un sito web ben curato.
Considerando tutte le discussioni di questi ultimi giorni circa le motivazioni per cui si fanno o non si fanno i fumetti, le le riflessioni scaturite dalle esternazioni di Giacomo Monti a Lucca Comics 2011, credo che la risposta di Simeoni contenga parole molto significative. Utili e belle. Non solo per i principianti.

mercoledì 23 novembre 2011

Perchè si fanno i fumetti

Nel post precedente ho riportato alcune riflessioni a proposito delle esternazioni di Giacomo Monti nell'ultima Lucca Comics. Devo ammettere che le medesime mi hanno ricordato alcuni pensieri che ho in testa sul perchè si fanno i fumetti.
Alcuni lo fanno per mestiere, per guadagnarsi da vivere quindi. Un'attività che si esercita a tempo pieno, collaborando assiduamente con uno o più editori, in veste di sceneggiatore e/o disegnatore. Oggigiorno è sempre più raro però, gli spazi presso gli editori che producono albi ad alta tiratura che consentono paghe adeguate sono ridotti sia in Italia che all'estero. Il fumetto ha perso terreno nei confronti delle masse. E allora spesso gli autori svolgono anche altre attività lavorative. A proposito, i fumetti si possono fare anche solo perchè si avverte un'esigenza comunicativa, un'urgenza narrativa, un qualcosa da dire, una storia da raccontare, mentre nella vita si svolge tutto un altro lavoro. L'aspetto economico passa in secondo piano, a patto di stare professionalmente sul mercato insomma, fare in modo che l'editore recuperi le spese con un margine adeguato di profitto per sè e gli autori. C'è quindi un aspetto commerciale che entra sempre in gioco.
E ultimo ma non meno importante c'è l'aspetto estetico da considerare. I fumetti possono essere belli o brutti. E chi lo decide? I critici? Il pubblico? Il tempo? Il successo commerciale? Beh, tutti e nessuno allo stesso tempo. E gli autori sono tali solo se non fanno niente altro? Se ne parla qui.

lunedì 21 novembre 2011

Leggere stronzate



Durante la scorsa Lucca Comics tra i vari incontri che si sono svolti ce n'è stato uno che non è passato inosservato. Una tavola rotonda a cui partecipavano tra i maggiori fumettisti contemporanei di diversi paesi del mondo - David Lloyd, Craig Thompson, Jiro Taniguchi, Jeff Smith, Barù e Giacomo Monti. Mi ha colpito in particolare l'intervento di quest'ultimo. Sopratutto in rapporto ai precedenti. Sul blog di smokyman (autore del filmato postato sopra presente su YouTube) è disponibile una trascrizione fedele delle sue parole.
Quello che mi colpisce è la sincerità disarmante di questo autore - non mi sorprende, no, poichè avendo letto e apprezzato i suoi fumetti sin dal primo numero di Canicola e avendolo conosciuto a BilBolBul so che è un autore che si mette "a nudo" come si dice - poichè, ammettiamolo, spesso nel mondo dei fumetti siamo abituati a veder misurare le parole e ci si muove con diplomazia per amore del quieto vivere e per rispetto dei colleghi. Mentre gli altri autori parlavano con entusiasmo del loro lavoro nei fumetti, Monti invece esprimeva un certo rammarico per l'andazzo della scena culturale italiana, il disagio di un autore di talento che trova oggettive difficoltà a campare coi fumetti, ma non perchè il destino cinico e baro gli si è rivoltato contro, no, perchè rispetto ai colleghi di altre parti del mondo, che trovano invece nei loro paesi sostegni istituzionali, politiche culturali che li premiano, il contesto italiano non premia sempre il merito e può spingere paradossalmente gli autori più interessanti a smettere. Una constatazione di fatto che riflette i problemi dell'intera nazione. Il talento di Monti viene riconosciuto, ma sono certo che i suoi libri non vendono più di qualche migliaio di copie.
Inserisci linkLa conclusione che se ne trae è questa: in Italia un fumettista può continuare a produrre mantenendo qualità e valore solo a patto che si applichi nel tempo libero, fuori dal lavoro che gli da da vivere.
Sono riflessioni che personalmente ho fatto mie molto molto tempo fa - diciamo quando dovevo decidere cosa fare da grande (ho una laurea e un master, ho sempre fatto altri lavori dedicandomi alla scrittura nel tempo che rimane) però se per quanti si dedicano alla scrittura un impegno a tappe è auspicabile per dare tempo alla medesima di decantare, per quanti si dedicano al disegno per i fumetti la questione è molto diversa, escludendo chi produce poco per scelta è vitale per chi vorrebbe viverci non avendo in mano altre carte da giocare. Il disegno dei fumetti è una maratona, non concede pause. E se fai un altro lavoro alla fine sei costretto a scegliere, o fai abbastanza denaro disegnando fumetti o è meglio smettere e dedicarsi alla professione. C'è chi riesce a fare altri lavori, a collaborare con editori italiani o esteri che producendo collane ad alta tiratura garantiscono paghe dignitose, vero. Ma non tutti gli autori hanno capacità o voglia di piegarsi alla produttività o per vari fattori non ci arrivano mai. Alla fine dei giochi il fatto che Giacomo Monti smette è una perdita e un brutto segnale per il fumetto che perderà una voce originale e fuori dal coro. A proposito, che fine ha fatto Gipi? :(

venerdì 18 novembre 2011

Guido Buzzelli

La notizia della partenza del nuovo sito ufficiale dedicato a Guido Buzzelli mi fornisce l'occasione per scrivere di uno dei maestri del fumetto internazionale ancora poco conosciuto purtroppo.
Guido Buzzelli è tra gli autori italiani più importanti del secolo scorso, tuttavia a lungo è stato apprezzato più all’estero che in patria.
I “formati tradizionali”, la strip e il comic book, in Italia anche il “quaderno bonelliano”, concetti quali “protagonista fisso”, “eroe”, “lieto fine”, non fecero parte della concezione del fumetto di Guido Buzzelli, per quanto anche agli esordi durante gli anni ’50 per alcune editrici romane realizzò parecchi albi a strisce d’avventura tradizionale come Alex, eroe dello spazio, Bill dei Marines o Dray Tigre.
Nel 1966 perciò Guido Buzzelli iniziò la realizzazione del provocatorio La rivolta dei racchi, le cui prime tavole furono esposte l’anno successivo durante il terzo Salone dei Comics di Lucca suscitando l’interesse degli addetti ai lavori. Da considerarsi come il primo graphic novel, un fumetto libero nella struttura narrativa, nel segno, nei temi - ricordiamo che la prima grapic novel in terra statunitense arriverà solo nel 1978, con Contratto con Dio di Will Eisner.
Guido Buzzelli nacque in una famiglia d’artisti, a Roma, il 27 Luglio del 1927, manifestò precocemente le proprie doti grafiche, già nei suoi primi lavori esibì con naturalezza tavole d’un efficace ed espressivo chiaroscuro misto a mezzatinta e sfumature acquerellate che risentono dell’influenza di illustratori del calibro di Walter Molino e Rino Albertarelli. Successivamente collaborò con due importanti editori britannici di fumetti, il Daily Mirror Syndacate e la Fleetway Publications.
Gli anni ’60 furono decisivi per la carriera del fumettista romano, sposò Grazia De Stefani, sua abile collaboratrice fino alla morte prematura del maestro avvenuta il 25 Gennaio del 1992 a Roma, ma sopratutto perchè in questi anni maturò la propria visione del fumetto, una prospettiva delirante, impietosa, da incubo, a tratti cinica e disincantata, rivelatrice della realtà dell’uomo e del mondo. La rivolta dei racchi, una metafora selvatica, un’allegoria aspra della lotta di classe in cui i potenti sono i belli mentre i brutti, i racchi, sono gli schiavi che compiono la rivolta guidati da Spartak, le cui fattezze ricalcano quelle dell’autore, fu pubblicata in Francia nel ’69 suscitando notevole interesse presso critica e lettori. Da allora il nome di Buzzelli per il mercato d’oltralpe divenne sinonimo di fumetto di qualità trovando ospitalità presso le più prestigiose riviste del settore quali «Pilote», «L’Écho des savanes», «Metal Hurlant» tra le altre, su cui pubblicherà veri capolavori quali I labirinti, fiaba nera ed agghiacciante sulla civiltà moderna, Zil Zelub, incubo deforme in cui le membra del protagonista vivono ognuna di vita propria, L’Agnone, vicenda dai toni pasoliniani d’una bestia metà leone e metà agnello e delle disavventure d’un regista idealista alle prese con una pièce teatrale e con un individuo amorale, specchio deformante del proprio animo.
In questi anni assieme allo sceneggiatore Gourmelen diede vita al western Nevada Hill, e non mancarono collaborazioni con altri sceneggiatori d’oltralpe.
Buzzelli pubblicò anche alcuni racconti gustosi quali Annalisa e il diavolo, L'intervista, Un tipo angelico, Piazza del popolo, Sposalizio, Zasafir, Il mestiere di Mario, La guerra videologica e La giara (ispirato alla novella di Pirandello). Insomma, mentre il mondo del fumetto francese lo osannava, Buzzelli in Italia era quasi ignorato, almeno fino al 1973 quando al Salone di Lucca gli fu consegnato il prestigioso Yellow Kid quale miglior autore dell’anno, da allora infatti iniziarono una serie di collaborazioni con riviste quali «Linus», «AlterAlter», «Comic Art», periodici d’informazione quali «L’Unità», «Paese sera», «Il Messaggero», «Satyricon» - inserto satirico della «Repubblica» -, fino alla collaborazione con la Bonelli per lo speciale di Tex, nel 1988 infatti con una sceneggiatura di Claudio Nizzi, Guido Buzzelli inaugurò la fortunata collana degli speciali annuali di Tex, gli albi giganti meglio noti come “texoni”, disegnando con dinamismo la storia Tex il grande! che lo fece conoscere al grande pubblico.
Ciò nonostante Buzzelli non ha avuto in Italia il successo che meritava, almeno pari a quello pur tardivo tributato ad un Hugo Pratt ad esempio. A mio modesto parere ciò probabilmente fu dovuto al fatto che Buzzelli non concesse nulla al pubblico e non accettò alcun compromesso pur di portare avanti la propria scelta stilistica e narrativa. L’assenza d’un “lieto fine” nelle sue storie, rivelatrici delle brutture, degli inganni e delle nefandezze della civiltà e dell’uomo moderni, assai distanti da visioni consolatorie e inclini ad una visione apocalittica della realtà, deformante, grottesca, ma per questo ancora valida e universale, fece il resto.
Buzzelli è stato il primo autore in Italia ad osservare e rappresentare la realtà
attraverso il fumetto con un’ironia provocante ed un segno originale, a rivolgersi al pubblico maturo esprimendo una visione deformante e aggressiva. Prima di Pazienza, perciò prima ancora di tutti. Indispensabile.

mercoledì 16 novembre 2011

Similitudini

Sarà che ho la mente malata, ma a me il professor Mario Monti non mi sembra un volto nuovo. Incaricato dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per formare e guidare un nuovo esecutivo di governo, che dovrebbe tirare fuori l'Italia dal pantano economico in cui è stata fatta sprofondare (o consegnarla agli speculatori - dipende dai punti di vista), nei suoi tratti rivedo l'Agente Graves di quel capolavoro del fumetto e del complotto che è 100 Bullets!
E per certi versi tutta questa situazione di Monti con l'Italia mi ricorda la sequenza "Sono il signor Wolf, risolvo problemi"dal Pulp Fiction di Quentin Tarantino. Mancano solo i due cazzoni. E un'idea ce l'avrei...


lunedì 14 novembre 2011

Psicometrica

Psicometrica - Memorie da un futuro remoto, pubblicato da Verba Volant Edizioni di Siracusa, è un fumetto scritto da Simone Brusca e disegnato da Giacomo Pilato, due nuovi autori siciliani che si affacciano per la prima volta sul mercato del fumetto italiano, così come è all'esordio, relativamente all'ambito dei comics, la giovane casa editrice siracusana che con questo volume inaugura Gr[een]aphic novel, la propria divisione di fumetti, una collana orientata sul versante degli autori esordienti.
Psicometrica
, riconducibile al graphic journalism, un genere che negli ultimi anni ha conosciuto uno sviluppo notevole in Italia e non solo, è frutto di un'attenta documentazione e anche un racconto basato su fatti reali legati ad oggetti di uso e consumo quotidiano dietro i quali si cela lo sfruttamento violento di manodopera a basso costo, di uomini, donne e anche bambini costretti a lavorare in condizioni brutali. La lettura però non si limita a rispecchiare una realtà ma indica una via per poter intervenire e dare una mano a queste vittime del mercato.
Martedi 15 Novembre alle ore 18 presenterò Psicometrica in veste di relatore presso la libreria Feltrinelli di Catania. All'incontro parteciperanno i due autori, Simone Brusca e Giacomo Pilato e interverranno referenti catanesi di Emergency, Amnesty International, Arci, Greenpeace, Libera, Manitese e Unicef.

venerdì 11 novembre 2011

Charlie Hebdo

Prima di essere italiani siamo europei. Considerando l'attuale situazione economica questa frase potrebbe suonare ambigua. Ciò che intendo è che gli usi e costumi consolidati nella vita civile europea, i diritti e i doveri che caratterizzano i rapporti sociali in Europa non possano prescindere dalla libertà di espressione e di pensiero. Fino a una decina di giorni fa ritenevo tutto ciò un dato acquisito, un fatto consolidato, ma evidentemente mi sbagliavo.
Considerate l'attacco incendiario alla redazione parigina della rivista di fumetti francese Charlie Hebdo e capirete come in Europa si rischia di precipitare nel vortice dell'integralismo religioso, del pensiero unico e della censura che si ritenevano ormai consegnati alla Storia degli scismi, delle guerre di religione e delle dittature.
Sono campanelli d'allarme che risuonano di tanto in tanto, è già accaduto appunto qualche tempo fa che un fumettista satirico in Danimarca ricevesse minacce di morte a causa di alcune vignette ritenute sacrileghe e blasfeme da alcuni gruppi integralisti.
Intelligente e caustica la reazione di Charlie Hebdo, che non si arrende ma risponde per le rime alla violenza e alle minacce rilanciando con ironia e anticonformismo.
Questi eventi hanno scosso il mondo del fumetto francese. Se ne deduce che il prezzo della democrazia e della libertà è l'eterna vigilanza contro l'integralismo, da qualunque parte esso provenga. La risposta è non tacere.

mercoledì 9 novembre 2011

Deciditi, bestia!



A forza di tergiversare si rischia di prendere delle decisioni sbagliate, di correre dei rischi maggiori e di farsi molto male.
Alla luce degli eventi delle ultime ore mi sono ricordato di questa magnifica sequenza tratta da Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo (titolo originale: Dirty Harry), un film del 1971, diretto da Don Siegel.
Certo che la carriera di Eastwood è straordinaria! Partito come pistolero fuorilegge scaltro e taciturno, passato attraverso caratteri affini alla figura del vigilante-tutore della legge, assorto al ruolo-icona di raddrizzatore di torti tout-court contribuendo però con alcune pellicole da lui dirette ad alimentare la riflessione e il dibattito sui diritti civili.
Pochi sanno, credo, che Clint Eastwood ha una discreta esperienza come attivista politico di area libertaria (per sua stessa ammissione), inoltre è stato pure sindaco di una cittadina in California e si è spesso impegnato nelle campagne elettorali presidenziali, talvolta per i democratici, più spesso per i repubblicani.

lunedì 7 novembre 2011

Bastardi senza gloria

Si, Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino, ecco, per la precisione la sequenza finale, quella in cui il Tenente Aldo Raine, detto l'apache, interpretato magistralmente da Brad Pitt, incide la svastica col suo coltello sulla fronte del colonnello delle SS Hans Landa (ancor più abilmente incarnato da un superbo Christoph Waltz). Il motivo? Semplice. Finita la guerra doveva essere facile poter riconoscere i nemici di un tempo. Il trasformismo è una pratica vecchia come la Bibbia e nota in tutto il globo terracqueo, con ogni evidenza. In Italia poi lo sport nazionale è sempre stato il salto (sul carro del vincitore), seguito poi dal trasformismo. Quando la barca affonda, i ratti sono i primi a fuggire.
Memorabile invece la mancata epurazione dai quadri amministrativi e istituzionali degli appartenenti al vecchio regime per l'Italia liberata del '45. Se avete letto qualcosa di Beppe Fenoglio - autore, tra gli altri - del Il partigiano Johnny - avete compreso bene a cosa alludo.
Ecco, in questi giorni mi ronzano in testa queste cose. Insieme a V for Vendetta, il capolavoro a fumetti di Alan Moore e David Lloyd.

mercoledì 2 novembre 2011

Pasolini

Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 Marzo 1922 - Ostia, 2 Novembre 1975)



Oggi è il giorno della commemorazione dei defunti. La data coincide tutti gli anni in maniera sinistra con quella dell'assassinio di Pasolini. Una morte scomoda per alcuni, ai quali la sorte beffarda però non manca di ricordarla ogni anno. Un omicidio su cui grava ancora oggi un'oscurità densa e limacciosa. Tuttavia la luce della sua opera ci aiuta ancora a interpretare il presente. A leggere tra le righe. A intuire la verità dietro i falsi paramenti della cultura e dell'informazione dei vari "palazzi" del potere. E di questo gliene saremo grati per sempre.