giovedì 17 febbraio 2011

Tristissimi giardini

Che Vitaliano Trevisan sia uno dei miei scrittori prediletti è ormai chiaro. Ho da poco concluso la lettura del suo Tristissimi giardini , saggio in forma di romanzo (o viceversa) pubblicato da Laterza lo scorso anno (e immagino ancora rintracciabile in libreria). Nel libro l'autore parla di cose che riguardano principalmente Vicenza, la sua città, e il Veneto, che utilizza come punti di partenza per illustrare e descrivere uno scenario più ampio che abbraccia l'intera penisola italiana. Il fulcro delle sue parole si basa essenzialmente sull'incompatibilità tra sviluppo e progresso, un concetto ben noto ai più attenti lettori di Pasolini.
Emblematica la citazione posta come antefatto del testo: "Guai a voi che aggiungete case a case e poderi a poderi fino a che c'è spazio! Vi starete soltanto voi sulla Terra?" - Isaia 5,8.
Lo sguardo di Trevisan percorre il territorio nei suoi aspetti materiali, come area su cui incide l'uomo con le sue attività, ma anche come spazio immateriale, luogo inteso come ambito mentale. E lo fa sviluppando una scrittura asciutta e senza fronzoli, una narrazione tentacolare priva di ipocrisie che aggancia nodi essenziali, concetti come centro e periferia, battendo il territorio passo passo tra cemento e asfalto, magazzini e capannoni, quartieri e "tristissimi giardini" in una prospettiva avvolta dalla dimensione del tempo. L'arco della vita di una persona come punto di vista sul territorio e del territorio di cui Trevisan ricompone un'immagine concreta e inedita rispetto ai luoghi comuni sul Nord Est e senza facili moralismi.
Un buon esempio di come, a mio parere, si possa intervenire sulla realtà attraverso una scrittura che brilla per coerenza etica ed estetica.

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