sabato 25 ottobre 2014

E adesso che si fa

Quando si finisce di scrivere un libro si entra in una sorta di limbo. Hai passato molto tempo appresso a un testo. Ore e ore a scrivere, pensare. Riscrivere e ripensare. Correggere e editare. E quando tutto questo lavoro finisce c'è solo un grande vuoto. Un enorme nulla. C'è anche un manoscritto pronto per andare in stampa. Impaginato e corretto. Certo. Ma per il resto ancora niente fino a quando il libro uscirà e anche un misantropo come me allora dovrà darsi una mossa e andare in giro a promuoverlo, raccontarlo, parlarne con l'auspicio o l'illusione che non sia stato tutto inutile.
E adesso che si fa?
"E adesso che si fa" fu una domanda che rimbombò una notte di qualche anno addietro. In conclusione di una serata particolare quando giovani virgulti videro naufragare nell'oceano della propria goffaggine ogni velleità brancatiana...
Ma non tergiversiamo. Lasciamo stare, quella è una vecchia storia che non vale la pena di rivangare. Buona solo per accompagnare qualche birra.
Nel frattempo perciò si leggono buoni libri.
Prima di mettersi a scrivere qualcosa di nuovo è bene ricaricare le batterie dell'immaginario, per modo di dire.
Ho avuto la fortuna di imbattermi in buoni libri di recente
e mi permetto di segnalarveli, non si sa mai. L'ordine è casuale, naturalmente, non segue quello di lettura. E per almeno un paio si è trattato di parziale rilettura.
Concerto per archi e canguro, di Jonathan Lethem (Bompiani)
Con tanta benzina in vena, di Warren Ellis (Elliot)
L'impronta della volpe, di Moussa Konaté (Del Vecchio Editore)
Moby Dick e altri racconti brevi, di Alessandro Sesto (Gorilla Sapiens Edizioni)
Joyland di Stephen King (Sperlig & Kupfer)

Nel segno della pecora, di Aruki Murakami (Einaudi)
Racconto d'autunno di Tommaso Landolfi (Adelphi)
La boutique del mistero, di Dino Buzzati (Mondadori)

C'è da dire che ognuno di questi libri meriterebbe un post a parte, ma fidatevi del mio parere e leggeteli perché sono, ognuno a suo modo, delle letture deliziose.
Dei libri brutti che invece mi capitano tra le mani, meglio tacere.

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