venerdì 23 febbraio 2018

Colville di Steven Gilbert

Ho letto Colville di Steven Gilbert, un graphic novel statunitense indipendente edito in Italia da Coconino Press - Fandango Libri.
Storia malata al limite della follia. Romanzo nero. Terribile e senza via di scampo. Costruita all'interno di un contesto limitato, circoscritto e ben definito. Un circolo vizioso. Un circuito chiuso e buio di male indifferente. La sceneggiatura compone una struttura narrativa perfetta. Senza apparente via di salvezza.
Leggendo si seguono le vicissitudini dei personaggi finendo per restare impigliati dentro un meccanismo inesorabile che imprigiona il lettore nella narrazione. I fatti vengono mostrati attraverso il disegno, un segno spettrale e preciso, oscuro e onirico, che illustra i luoghi e le azioni dei personaggi con distacco e freddezza, concedento al lettore un certo voyeurismo.
Opera eticamente ambigua, Colville rappresenta un modello di racconto nero inedito per il panorama narrativo italiano a fumetti. Qui non esiste nulla di paragonabile. Nonostante la cronaca nera ci restituisca quasi ogni giorno storie criminali efferate e sanguinarie messe in atto da individui banali, per motivi futili e che nonostante un agire maldestro la fanno franca, i nostri autori sembrano restare ancora indifferenti al genere nero e allo scenario provinciale e amorale raccontato alla maniera di Gilbert.
Folgorante. Glaciale. Sadico. Malato. Colville mi ricorda per certi aspetti due precedenti letterari illustri che all'epoca rimestando nel torbido della cronaca nera fecero scalpore, ovvero Compulsion di Mayer Levin e In cold blood di Truman Capote. Da leggere.

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