venerdì 14 giugno 2013

Dragonero, numero uno

Il mese di Giugno è diventato come tradizione il mese di lancio delle nuove testate per il fumetto di area pop.
Dopo l'avvio della promettente prima stagione di Long Wei di cui ho scritto pochi giorni fa, è stata la volta di Dragonero, la nuova serie di genere fantasy della Sergio Bonelli Editore.
Il personaggio in effetti non è del tutto nuovo, dato che a suo tempo fu protagonista di un omonimo volume all'interno della collana dei Romanzi a fumetti dell'editore milanese. Un tomo che raccolse molti consensi, tanto da spingere Bonelli in persona a progettare una serie tutta nuova per Dragonero.
Ho letto questo primo episodio, intitolato Il sangue del drago, e devo dire che l'impressione generale che ho avuto è stata buona. Le aspettative che avvertivo in giro erano alte, poiché il romanzo a fumetti precedente era un prodotto molto curato nel concept generale, sia come sceneggiatura che come illustrazione, e questo primo episodio mantiene le promesse assestandosi in sostanziale continuità col precedente. Gli autori, Luca Enoch e Stefano Vietti ai testi (se non sapete cosa sono Sprayliz e Hammer peste vi colga!), senza omettere il fondamentale contributo ai disegni di uno strepitoso Giuseppe Matteoni, danno vita a un mondo meraviglioso e fantastico, e corpo e anima a una folta schiera di personaggi caratterizzati in maniera puntuale. Sceneggiatura ben orchestrata, avventurosa e coinvolgente; rispettosa dei canoni del genere fantasy che ripropone con dinamismo. Dialoghi brillanti. Disegni efficaci. Morbidi, puliti e essenziali. Evocativi. Assai leggibili senza essere banali. Un'avventura classica e di immediata leggibilità. Un fumetto tradizionale che non si vergogna di essere sé stesso: popolare.
Non starò qui a riassumervi la trama o altro, poiché queste informazioni sono facilmente reperibili in rete; qui vorrei porre l'accento sull'importanza di questo genere di fumetti come catalizzatori attorno a cui raccogliere l'ampio pubblico e possibilmente gli adolescenti. I fumetti di marca popolare, con una narrazione di immediata leggibilità e con un segno e una scrittura di semplice decifrazione sono importanti quanto i fumetti d'autore dotati di finalità espressive e ambizioni di impronta artistica, dal segno più elaborato e dalla scrittura più complessa, caratterizzati da sperimentazione grafico-testuale e stratificazione di significati e livelli di lettura. Gli uni, a mio parere, hanno bisogno degli altri e viceversa. Contaminarsi, magari.
Perciò, insomma, io Dragonero lo sconsiglierei a chi predilige fumetti "for mature readers" e invece lo consiglierei a chi cerca una lettura d'intrattenimento e sopratutto a chi non ha mai letto fumetti e agli adolescenti: perché è semplice e molto divertente senza essere superficiale. Ed è un lavoro concepito davvero bene.
Non so come andranno le cose per queste due iniziative, a volte temo che i lettori più giovani non siano tanto interessati ai fumetti italiani, ma mi auguro che Long Wei e Dragonero facciano tanta strada, che riescano a appassionare nuovi lettori al fantastico mondo delle nuvole parlanti, perché se rimanessero confinati ai trentenni-quarantenni o ai soliti appassionati del genere allora rimarranno solo due testate in più tra le tante che già circolano.

2 commenti:

davide garota ha detto...

Ho apprezzato molto queste tue incursioni nel "fumetto popolare", e soprattutto il fatto che tu ne rimarchi l'importanza e la dignità. Infatti troppo spesso negli ultimi anni questi tipi di fumetti sono stati sviliti.

GiovanniMarchese ha detto...

Il fumetto moderno nasce nell'ottocento, agli esordi, come un prezioso linguaggio da elité (es. le strisce disegnate di Rodolphe Töpffer. Sarà negli Stati Uniti con le strisce sui quotidiani e con Yellow Kid che il fumetto diventerà un linguaggio popolare e direi grossomodo che lo è rimasto per tanti anni e fino a oggi tuttosommato. L'immediatezza del tratto e la freschezza del racconto sono tratti distintivi di un fumetto popolare riuscito. E però da soli non bastano a fare un buon fumetto. Ci vuole anche altro secondo me, un guizzo di inventiva e di novità. Così come nel cosidetto fumetto d'autore i segni elaborati e le scritture complesse non sono garanzia di riuscita. Bisogna che si riesca a creare un valore aggiunto, un qualcosa di indecifrabile che sfugge a ogni definizione ma che esiste in ogni opera che si eleva dalla mediocrità, una energia che potremmo definire... poesia? Non lo so.