giovedì 3 marzo 2011

fumetti e autobiografismo

Come anticipato, riprendo il discorso sugli spunti per la scrittura a proposito dell'autobiografismo. Attualmente il fenomeno ha perduto gran parte della propria eco, per cui è possibile sintetizzare delle conclusioni a riguardo. Fino a qualche tempo fa il clamore dei botti assordava la orecchie del comic-dom: autobiografismo era la parola d'ordine. Sembrava non fosse possibile dire nulla di maggiormente significativo che raccontare i fatti propri. Come se di per sé la componente autobiografica bastasse a conferire valore assoluto alla narrazione. Un malinteso principio di valore che ha dato fondamento a storie non sempre memorabili, purtroppo.
Ben inteso, confermo l'assunto per cui nel racconto scrivere di cose che si conoscono e si sono vissute è la via migliore per comporre qualcosa di sincero e onesto: restando all'ambito dei fumetti penso alle storie di Adrian Tomine - libri come Sonnambulo e altre storie, Summer Blonde e Una lieve imperfezione - oppure di Joe Matt - vedi lo straordinario Poor bastard - e i fumetti di Gipi, Paolo Bacilieri o Marco Corona in cui l'elemento autobiografico diventa motore espansivo del racconto e del segno per declinare il vissuto da esperienza individuale a racconto universale. Una cosa assai più difficile del semplice autobiografismo inteso come fine del racconto e non come mezzo.
Tra il 2007 e il 2008 ho scritto la sceneggiatura di Nessun ricordo - pubblicato nel 2009.
Le mie prime riflessioni sull'autobiografismo risalgono a quel periodo, quando cercavo di costruire e dare maggiore solidità alla mia scrittura e inziavo a trattare la materia autobiografica, le storie di famiglie, le esperienze personali.
C'è anche da dire che le nostre vite non sempre racchiudono qualcosa di talmente significativo da nutrire il racconto, tuttavia rimango convinto che scrivere di ciò che si conosce e si vive sia la maniera migliore per narrazioni oneste e sincere. Per rifuggire il rischio di ricorrere a trucchi e sberleffi e ritrovarsi in un racconto falso e inutile - che come lettore e autore trovo alquanto noioso.
(nell'immagine in alto, Narciso, olio su tela della fine del '500 attribuito a Caravaggio)

2 commenti:

davide garota ha detto...

Confermo che avendo fatto uno stage con Adrian Tomine era veramente intransigente e ci chiedeva a tutti di disegnare storie prettamente autobiografiche...Io volevo raccontare una storia di surfisti californiani e lui me l'ha schiantata subito chiedendomi se avessi mai fatto surf e quanti californiani avessi conosciuto.
Un pò mi aveva dato fastidio e l'avevo trovato limitante.

GiovanniMarchese ha detto...

Posta in questi termini può apparire limitante... è vero, però secondo me va inteso come infondere nelle storie l'essenza delle cose che si vivono, si conoscono, a prescindere poi dal contesto narrativo che si compone. Alla fine è uno sforzo che paga, poichè rende le storie molto più sincere e vere. Oneste direi.