sabato 24 settembre 2011

Carlos Sampayo

Si, al solito, da bambino ho imparato a leggere sui fumetti di Topolino e Paperino, appassionandomi anche alle avventure tragicomiche di quel povero diavolo di Geppo. I supereroi come Spiderman e Batman vennero subito dopo, precedendo personaggi dell'avventura tradizionale come Ken Parker, Mister No e quindi Dylan Dog. Tuttavia il mio primo trip a fumetti, come ho già avuto modo di raccontare, è stato intorno ai quindici anni con Mort Cinder di Oesterheld e Breccia. Vi furono poi altri trip memorabili, la linea Vertigo (con lo Shade di Milligan e Bachalo su tutti) e i fumetti di Hugo Pratt. La scoperta di autori come Pazienza, Giardino, Bacilieri e Gipi. Ma un grandissimo trip è stato leggere Alack Sinner di Carlos Sampayo e José Munoz.
A partire da Oesterheld mi hanno sempre intrigato gli sceneggiatori argentini, penso anche alla magnifica scrittura di Carlos Trillo, per esempio. Hanno una caratteristica che li rende per me interessanti: scrivono storie dove le cose sono come sono e non come dovrebbero essere. Prendiamo Carlos Sampayo per esempio. La sua scrittura ha un'etica e un'estetica assai precise. Un'adesione alla realtà che è raro trovare nei fumetti anche oggigiorno - le prime storie di Alack Sinner sono uscite nella prima metà degli anni settanta. L'estetica dell'adesione al reale si spinge tanto che sembrano scritte senza sceneggiatura, cioè nella vita non c'è sempre una fine, men che meno un lieto fine. Non sono i buoni che vincono sempre contro i cattivi. Non ci sono eroi. Non sempre tutto torna. Non c'è buonismo. Non vige il politicamente corretto.
Ad ogni modo, per chi volesse approfondire la conoscenza di Carlos Sampayo - e della sceneggiatura, della scrittura per il fumetto - qualche annetto fa il benemerito Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona ha prodotto Frammenti, un libro (la cui copertina è là sopra...) molto interessante, con un'intervista a Carlos Sampayo e un mucchio di tavole con accanto la sceneggiatura. Utile, davvero.

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